Tesina realizzata da Gabriele Sabatino
Lo sviluppo del mercato cinematografico negli ultimi decenni è dato soprattutto dall’incremento della numerosità dei film in circolazione e dunque della loro virtuale concorrenza. Se a questo aggiungiamo la moltiplicazione dei momenti di fruizione e dei canali di trasmissione, per ogni singolo titolo, le occasioni di competizione si moltiplicano. È evidente dunque che il cambio dello scenario di base porta ad un cambiamento anche nelle strategie di promozione e che, allo stato attuale, non possiamo leggere l’industria filmica senza sottolineare la centralità della comunicazione dell’opera cinematografica presso il pubblico di massa.
Agli inizi della sua diffusione, il cinema, per lungo tempo, è stato supportato da un solo strumento di promozione: il manifesto. Con l’introduzione delle prime proiezioni, gli esercenti e i produttori capirono che i manifesti pubblicitari erano una componente chiave per uno spettacolo di successo e un elemento necessario per richiamare pubblico all’interno delle prime sale cinematografiche. A cavallo tra XVIII e XIX secolo, contemporaneamente alla nascita della nuova industria cinematografica, il settore della pubblicità doveva far fronte al problema dell’analfabetismo della popolazione. Jules Cheret, figlio di un tipografo francese, aggirò il problema introducendo il poster moderno, un manifesto ricco di colori, immagini anche fotografiche supportate da poche e semplici parole: il modo migliore per raggiungere queste masse non scolarizzate. I modelli iconografici ai quali il manifesto cinematografico si ispirava erano quelli della pittura illustrativa e delle stampe popolari, basandosi soprattutto sulle scene madri che riassumevano i momenti chiave del film. Anche gli studios cinematografici riconobbero il valore della pubblicità attraverso i poster e iniziarono a realizzare per proprio conto i manifesti dei film. In ogni caso, queste prime “manifestazioni pubblicitarie” non promuovevano i film che venivano proiettati, ancora sotto forma di cortometraggi, ma focalizzavano l’attenzione sulla nuova industria cinematografica e sulle nuove invenzioni nel campo della proiezione, sottolineandone la spettacolarità dell’evento e la novità rispetto alle altre forme di intrattenimento come il vaudeville e il teatro. Da questo momento in poi i poster cinematografici divennero protagonisti di un vero e proprio boom, esplodendo in vari formati e misure. Ci vorranno ancora alcuni anni prima dell’adozione di standard che già altre forme di intrattenimento avevano, come il vaudeville, il circo, le fiere ambulanti. Nei primi anni ‘10 Edison stabilì che tutti i propri poster venissero stampati su un foglio di 27 x 41, creando uno standard in cui era presente il nome della compagnia, il titolo del film, il plot e qualche volta una scena del film. Nello stesso tempo, molti studios presero nuove direzioni per le loro campagne pubblicitarie, inserendo i nomi degli attori in tutto il materiale stampato. Attori ed attrici divennero la forza motrice dell’industria cinematografica. Gli Anni ’30 sono l’inizio di una promozione cinematografica pianificata su tutto il territorio dove il film veniva proiettato e comincia anche la distribuzione di materiale informativo per la stampa.
In linea con rudimentali idee di marketing viene distribuito materiale pubblicitario in tre diverse forme:
- Affissioni fuori e dentro le sale, che includevano differenti tipi di poster e locandine;
- Informazioni per la stampa e altri media, come riviste o giornali specializzati e più tardi radio e tv, sotto forma di press kit, cartoline, ecc.;
- Gadgets promozionali, che comprendevano tutti gli oggetti su cui veniva impresso il nome del film da promuovere e che venivano distribuiti alle première o alle proiezioni speciali.
Come oggi così allora, non c’era limite alle idee promozionali generate dall’industria cinematografica. Un altro metodo interessante per vendere un film era, negli Anni ‘40, presentare delle strip a fumetti che rappresentassero la trama del film, pubblicate sulle riviste nazionali. Queste pubblicità erano molto spesso a colori e presentavano gli attori al pubblico potenziale, rivelandogli quel tanto che bastava per attirarlo al cinema. Nella cultura pubblicitaria del cinema fino agli anni ’60, non esistevano ancora concetti come “target” o “posizionamento”. Gli elementi sui quali puntavano i pubblicitari dell’epoca per vendere i film erano sempre gli stessi. L’imperativo era comunicare claim sempre più enfatici dove emergevano azione, bellezza, erotismo e spettacolarità. Dall’apertura del primo multiplex nel 1969 a Kansas City fino ad oggi il contesto di promozione cinematografica ha avuto un’evoluzione estesa e frammentata. L’introduzione di tecniche di marketing, di agenzie esterne specializzate in promozione, di ricerche di mercato e della moltiplicazione dei momenti comunicativi all’interno e all’esterno delle sale ha permesso una diversificazione delle strategie di promozione cinematografica davvero notevoli. Alla luce di questa evoluzione, oggi giorno i sistemi di promozione cinematografica sui nuovi media si stanno evolvendo costantemente. Un business che crea servizi digitali per promuovere i film a partire dalle fasi di produzione fino al lancio nel mercato. Un sms, una mail, un pop up, e l’utente viene a conoscenza del film di prossima uscita, delle offerte di una sala, di una promozione particolare. Risulta chiaro come oggi più che in passato il successo di un titolo sia dipendente solo in minima parte dall’incasso al botteghino: la moltiplicazione e la frammentazione dei testi pubblicitari vanno di pari passo con la moltiplicazione e la frammentazione della fruizione. La discrepanza “spazio-temporale” che viene a crearsi tra il momento del lancio del prodotto filmico e il momento delle fruizioni comporta la necessità di edificare una cornice attorno a ogni titolo che sia al tempo stesso significativa per lo spettatore e significante anche da un punto di vista promozionale, e dalla quale si possano richiamare continuamente alcuni “pezzi” sia per promuovere i differenti supporti su cui il film si renderà disponibile al pubblico, sia per prendere le decisioni di consumo. Gli attori e i valori che vengono promossi tramite la molteplicità dei testi analizzati devono avere il “potere di creare momenti di presenza duratura”. Il pubblico deve affezionarsi al film, al titolo, al brand, perché non dovrà limitarsi a vederlo nelle sale cinematografiche, ma dovrà noleggiarlo, comprarlo in DVD, acquistarlo in pay-per-view, fino a rivederlo in televisione. Si tratta di un tentativo di serializzare la fruizione, non solo tramite la proposta di titoli in serie o di remake, ma anche grazie alla costruzione dell’affezione del singolo individuo per un determinato film. Esiste dunque la concreta possibilità, di utilizzare più testi promozionali diversi tra loro per comunicare un film al pubblico e, parallelamente, dare inizio a un processo di affezione del pubblico medesimo al brand filmico, il quale sfornerà nel corso degli anni diversi prodotti di consumo. Solo declinando il messaggio in base al testo utilizzato e ampliandolo sfruttando le caratteristiche intrinseche di ogni mezzo promozionale, si può costruire una campagna di lancio valida e duratura, come necessariamente deve essere per una fruizione che si voglia multipla.
La pubblicità, scrive Vanni Codeluppi, incrementa la sua potenza invadendo una sempre maggior quantità di territorio mediatico: tutti gli spazi dello schermo televisivo, innanzitutto, ma, in generale, tutti gli spazi nei mass media tradizionali che non le sono stati ancora riservati e, soprattutto, quelli presenti nei nuovi media. Lo spettatore diventa dunque interlocutore attivo che tende a completare un messaggio incompleto sviluppando un’interazione comunicativa diretta tra impresa e consumatore. Ortoleva parla di “ibridazione merceologica” per cui un prodotto contiene diverse forme di comunicazione e diventa oggetto di un’unica proposta d’acquisto. Il prodotto promozionale per un film, così come quello filmico stesso, ha sviluppato un percorso di vita complesso per cui non è possibile parlare di singola fruizione nelle sale o in tv. Anche dal punto di vista dell’offerta le logiche predominanti oggi sul mercato si indirizzano sempre più verso prodotti culturali a declinazione multimediale o verso forme ibride di promozione. Il trailer, ad esempio, non si manifesta più soltanto in sala o in televisione, ma sfrutta tutta la piattaforma dei new media: il web, il cellulare e il DVD sono i principali strumenti di trasmissione di contenuti promozionali. La logica dell’ipermediazione moltiplica i segni della mediazione e in questo modo cerca di riprodurre la ricchezza sensoriale dell’esistenza umana. D’altro canto, l’ipermediazione può funzionare anche all’interno di un medium singolo o apparentemente unificato, in particolar modo quando l’illusione del realismo viene sfruttata oltre ogni limite e portata alle sue estreme conseguenze. Il risultato è la creazione di una sinergia tra il contenuto promozionale e l’intera piattaforma mediale per amplificare la percezione che lo spettatore potenziale ha di quello stesso film: all’interno di questo meccanismo, il trailer, inserendosi in un medium nuovo come ad esempio internet, subisce quella che Grusin e Bolter chiamano rimediazione. Il nuovo medium cerca quindi di rimodellare il vecchio in maniera completa, e allo stesso tempo di farne sentire la presenza, mantenendo un senso di molteplicità o ipermediazione, e arrivando persino ad assorbire il medium più vecchio, così da minimizzare la discontinuità tra i due.
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