Se a Cannes trionfa l’apicoltura con il bucolico e agreste Le meraviglie di Alice Rohrwacher, ecco nelle sale italiane, distribuito da Lucky Red, Resistenza naturale di Jonathan Nossiter, un’altra pellicola incentrata su un prodotto della terra: il vino. Aziende viticole a gestione familiare, simposi, modalità produttive, viticoltori e tipologie di vino sono gli attori protagonisti del film che denuncia il sistema economico-sociale attuale: le politiche alimentari imposte da Bruxelles e quelle industriali statunitensi. Un elogio del vino volto quindi a riscoprire i valori del suo mondo e di quello più generale: naturali, agresti, semplici, solidali e più umani.
Ad un incipit sontuoso e pittorico, appesantito tuttavia dalla voce-off, segue un racconto documentaristico, girato in modo volutamente naturale, che affida alle testimonianze di esperti e appassionati di vino l’esplorazione di una realtà agreste da tutelare e salvaguardare nel nuovo sistema socio-economico, considerato e percepito come distante, diverso e legato ad un’altra sfera valoriale, da cui separarsi in modo leggiadro e naturale, appunto. La cascina degli Ulivi di Stefano Bellotti a Novi Ligure, la stoppa di Elena e Anna Pantaloni e Giulio Armani a Rivergaro, la Distesa di Corrado Dottori e Valeria Boschi a Cupramontana e la Pacina di Giovanna Tiezzi e Stefano Borsa a Castelnuovo Berardenga sono dunque le micro realtà che “resistono”, in modo gioioso, ai processi produttivi e al nuovo mondo: la loro è una resistenza globale ad altre realtà.
La partecipazione alla pellicola di Gianluca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna, offre così lo spunto per analizzare lo status quo del cinema e dell’industria cinematografica: per discutere dell’avvento del digitale e dei suoi effetti, della chiusura di molte sale cinematografiche e della scomparsa della pellicola. Ed ecco allora intervallarsi sullo schermo immagini di repertorio televisivo e frammenti di un cinema d’autore: La febbre dell’oro di Charlie Chaplin, Roma città aperta di Roberto Rossellini e Comizi d’amore di Pier Paolo Pasolini. A dieci anni da Mondovino, il regista rimette dunque al centro il medesimo tema per risvegliare coscienze ubriacate e sopite: il suo prodotto è “un messaggio d’amore al potere del cinema e dell’agricoltura quale atto di gioioso dissenso”.
Alessandra Alfonsi