Alejandro González Iñárritu spesso viene passato per un cineasta vanitoso che si prende troppo sul serio e cerca incensi. Nel caso del suo nuovo lavoro Revenant – Redivivo confeziona un cinema sopraffino sulla Frontiera, a cavallo fra il film vendetta e il western cupo, pieno di momenti dove la narrazione perde centralità e la Natura crudele e magnifica viene catturata dalla cinepresa con attenzione, rispetto reverenziale, quasi timore. L’impianto della pellicola è classicissimo, ma con una quantità di svolte drammaturgiche e dialoghi a un tale minimo storico da trasformarsi in un quasi-documentario.

Tolti i virtuosismi di regia in un piano sequenza iniziale che strizza l’occhio alla battaglia epica con tanto di corsa a cavallo, Revenant è potente nel suo inginocchiarsi non solo al paesaggio, che Lubezki e Iñárritu hanno deciso di fotografare totalmente a luce naturale. La sua potenza e originalità si esprime soprattutto nel suo essere costruito perfettamente su misura di Leonardo Di Caprio. Il quale è solito mettersi a servizio dei suoi registi e svolge bene un compito di rappresentazione, ma qui si muove in un territorio che per l’attore è più stimolante, nonché prova definitiva, alla luce del fatto che è più viscerale e quindi più arduo da rendere convincente.

La sua controparte, un nemico duellante perfetto incarnato dal camaleontico Tom Hardy, nominato agli Oscar per questo film in coppia con Di Caprio, dà un grande contributo alla riuscita. Il film si concentra anche su temi di interesse sociale nella cultura americana, come ad esempio lo sterminio e lo sfruttamento dei nativi. Visti i precedenti, forse l’Academy premierà Revenant solamente per questo motivo, ma non sarà un premio vano e caritatevole, anzi giusto. Iñárritu è interessato alla società e qui ne torna a parlare come aveva già fatto in passato con Babel e Amores Perros. I personaggi hanno una coscienza bene o male definita a livello politico. E chi meglio di un filantropo come Leonardo Di Caprio poteva trovarsi a capeggiare il cast? Speriamo sia la sua volta buona, dopo cinque nomination non andate come speravamo.

Furio Spinosi