L’angolo di Michele Anselmi
Magari si poteva scegliere un titolo migliore per l’Italia, non fosse altro perché esiste già un “Giochi di potere”, che risale al 1992, protagonista Harrison Ford, da un romanzo di Tom Clancy, anche quella una storia di spie. Il nuovo “Giochi di potere”, nelle sale dall’11 luglio con M2 Pictures, si chiama in realtà “Backstabbing for Beginners”, che significa più o meno “pugnalate alle spalle per principianti”, dal titolo di un serrato e autobiografico libro scritto dal danese Michael Soussan, l’ex giovane diplomatico che nel settembre 2003 contribuì, rischiando probabilmente la pelle, a far scoppiare lo scandalo riguardante il programma dell’Onu ribattezzato “Oil-for-Food”, cioè petrolio in cambio di cibo.
Ricorderete, forse. Nel 1995, con la risoluzione n. 986, le Nazione Unite vararono quel piano al fine di fornire un sostegno umanitario al popolo iracheno utilizzando i profitti derivanti dalla vendita del suo grezzo, ritenuto il migliore al mondo. Annusando l’affare, tutti si fecero subito furbi, lucrando su quegli aiuti cruciali destinati a mitigare le sanzioni economiche: a partire dallo stesso Saddam Hussein, almeno fino a quando non fu deposto nel 2003; per non dire delle oltre 2.000 società di 56 diversi Paesi, per un “guadagno” di circa 20 miliardi di dollari.
“Giochi di potere” parte dalla fine, un po’ in stile “I tre giorni del condor”: con il buono della situazione che sta per consegnare un corposo dossier di denuncia ai giornalisti del “Wall Steet Journal”. Dice: “Vi racconto una storia che spero vi interesserà”. Interessò, eccome.
Diretto e sceneggiato dal regista danese Per Fly, classe 1960, il film adotta in buona misura uno stile “all’americana”, insomma da spy-story di denuncia, tra minacce crescenti, complotti diplomatici, morti sospette, rapimenti mirati e bombe telecomandate.
Il giovane e idealista Michael, approdato all’Onu animato dalle migliori intenzioni, capisce subito o quasi che qualcosa non va nella gestione di quel colossale protocollo umanitario; ma il suo capo, il diabolico e mellifluo Pasha, lo invita a chiudere un occhio, anche due, ricordandogli che la corruzione è inevitabile, tutti debbono mangiarci un po’ sopra, se davvero si vuole aiutare il popolo iracheno piegato dalle sanzioni. Solo che il gioco è troppo scoperto, anche criminale, a causa dei medicinali scaduti spacciati per nuovi; a Michael, stretto tra l’amore per una bella traduttrice curda, le pressioni costanti del suo capo e i richiami della propria coscienza, non resterà che prendere la decisione giusta dopo l’ennesimo viaggio a Bagdad.
Lo scandalo, che nel 2004 finì col coinvolgere perfino Kofi Annan, in quegli anni segretario delle Nazioni Unite, viene ricostruito con notevole accuratezza da Fly, sia pure largheggiando in digressioni e sottostorie tipiche del genere. Purtroppo il ritmo non incalza granché, nonostante la gran mole di informazioni data allo spettatore, e neppure la recitazione, nell’abbondanza di scene madri, sembra proprio all’altezza. Sarà perché Theo James risulta spaesato più del necessario nel ruolo di Michael, mentre Ben Kingsley, Jacqueline Bisset e Belçim Bilgin, rispettivamente il capo corrotto, la funzionaria onesta e la traduttrice fascinosa, paiono impegnarsi al minimo sindacale.
Michele Anselmi