“Inland Empire – L’impero della mente”, probabilmente è l’opera più sperimentale nella storia dei film di David Lynch. Insieme a Nikki/Susan (Laura Dern), ci ritroveremo a sprofondare nella tana del coniglio, dentro le crepe più oscure, terrificanti della mente d’un attore e di Hollywood. L’interpretazione magnifica di Laura Dern – già attrice idolo di Lynch – qui raggiunge l’apice della sua intera carriera ed è in assoluto una delle migliori che ci abbia regalato nonostante sia stata snnobbata dall’Academy.

Presentato a Venezia 2006, dove il regista ritirò il Premio alla carriera, che cosa è veramente questo film? Poco dopo l’inizio e verso la fine del suo delirante capolavoro, una vera summa della sua poetica, Lynch ci offre due grandissimi indizi. Il primo è quando gli attori Devon (Justin Theroux) e Nikki (Dern) si confrontano a un tavolo col regista (Jeremy Irons) e il suo assistente (Harry Dean Stanton), scena in cui scoprono che il film che andranno a realizzare è in realtà il fantasma di un film del passato, mai finito ed i cui protagonisti furono assassinati…

Successivamente, come ben sappiamo, la protagonista viene come posseduta da molti demoni e fantasmi: un po’ i suoi, un po’ quelli del film maledetto, ed insieme a lei ci perderemo tanto sulle strade che Lynch decide di seguire rincorrendo ciò che il suo estro creativo e astratto gli dice. Infine, il più grosso indizio di tutti, considerato pure che Lynch da sempre elogia il lavoro di Kubrick, è la citazione della ghost story per eccellenza della storia del cinema: “Shining” e quel Jack Nicholson che corre zoppicando, replicato qui con tanto di stessa colonna sonora (le musiche di Penderecki).

Nikki Grace/Susan, nonostante recitasse in questa meravigliosa “scena di morte” su Hollywood Boulevard, quel viale dei suoi sogni probabilmente creati dal nulla e poi infranti, in seguito – malgrado ci sia stato quello che sembrava il definitivo risveglio – si perderà di nuovo nella propria mente. Ci condurrà con lei in quel limbo definitivo, dove la stessa morte che prima aveva finto si replica, stavolta forse vera seppur distorta… Come se Nikki fosse purificata di quei fantasmi e riuscita, finalmente, a scindere la propria anima in pena dal corpo. Siamo eccome davanti a una sorta di ghost story e Lynch, che canta anche in “Ghost of love”, la canzone che accompagna Laura Dern all’inizio della sua odissea, probabilmente lo sa benissimo. Ma non lo confermerebbe mai perché è suo vezzo artistico lasciare i misteri che crea dove dovrebbero stare, ossia custoditi all’interno del film.

Per ora in vendita esclusivamente sul sito di CG Entertainment, “Inland Empire – L’impero della mente”, versione Startup Limited Edition, è appena uscito dopo lungo periodo dalla sua annunciazione, causa Covid-19. Un’edizione quasi del tutto scarna dal punto di vista degli extra, scelta forse obbligata per questione di diritti, e con un booklet di dubbia utilità. Siamo comunque davanti a una versione del film che, di certo, rispetto al DVD italiano uscito anni fa, qualitativamente brilla per un master audio-video, approvato dallo stesso Lynch, migliore e leggermente più nitido. Nonostante il film sia in realtà in un digitale abbastanza low def, dove Lynch cogliendo le imperfezioni del mezzo si riciclò anche nel proprio capriccio stilistico della messa a fuoco che va in tilt.

Furio Spinosi