1990. Mark Frost e David Lynch cambiano la fisionomia della televisione. Un cadavere avvolto nella plastica viene trovato da un pescatore, in una nebbiosa mattina di febbraio, e man mano che l’indagine prende forma il pubblico assiste alle reazioni dei genitori di Laura Palmer e della comunità di Twin Peaks. Il vero inaspettato e inconsueto in quel quadretto di provincia è l’ingresso di Dale Cooper, giovane, ma saggio agente speciale che confida nel potere dei sogni e in altri metodi poco ortodossi per risolvere il caso. Il mistero si scioglie a metà della seconda stagione.
La serie in seguito perde il suo focus principale, soprattutto a causa dell’assenza di Lynch che, dopo essersi aggiudicato la Palma d’oro a Cannes con Cuore selvaggio, torna al timone per sconvolgere il pubblico in una puntata conclusiva in cui fa un delirante, magnifico ed enigmatico ritorno nel luogo cardine della serie. Parliamo di un reame metafisico ed ultraterreno, simile a un limbo per anime perdute: la Loggia nera. In questo luogo Lynch fa ritorno anche in uno dei suoi film più controversi e sperimentali, Fuoco cammina con me, che narra l’ultima settimana di vita di Laura Palmer, ma nel suo personalissimo modo pianta anche i semi per quello che poi sarà l’attuale sequel ambientato 25 anni dopo. In quel film, simultaneamente complementare alla vecchia e la nuova serie, pur limitandosi alla doppiezza di Laura, Leland Palmer, Dale Cooper e della stessa Loggia nera, si vuole andare oltre, tanto che Lynch inserisce, fra le varie cose, un nuovo personaggio: l’ex agente Jeffries, che ha il volto del compianto David Bowie. Con buona probabilità, la rockstar non ha fatto parte delle riprese della nuova serie benché c’è chi in rete sostenga il contrario, ma il suo personaggio è citato numerose volte in questa parte introduttiva di Twin Peaks – Il ritorno.
Dunque lo scopo di questo sequel/revival in onda da venerdì 26 maggio su Sky Atlantic, oltre a cercare una relazione con Fuoco cammina con me e con il poderoso finale della vecchia serie, come ha indicato Kyle McLachlan dal red carpet della premiere di L.A, non è puro compiacimento verso i fan o un adeguamento alla moda dell’operazione nostalgia Ottanta/Novanta. La visione dei primi 4 episodi rilasciati da Showtime (ogni lunedì anche su Sky on demand in lingua originale) rende palese quanto l’operazione sia stata per i due autori l’occasione di recuperare le fila di un qualcosa che si era abbandonato molti anni prima e che sarebbe dovuto continuare – così pare dovesse andare. Lynch e Frost amano ancora, come allora, giocare genuinamente e senza snobismo, con i più disparati generi e con le aspettative del pubblico. Così vediamo tornare l’agente Cooper, ma nei modi più imprevedibili e surreali possibili. È necessario perdersi con lui, nell’amnesia, poi, nei meandri inesplorati del surreale, della videoarte astratta, dell’horror, dello sci-fi e del fantasy, del grottesco, del black humor, ma anche dello humor più solare (vedi le scene che si svolgono nel Casinò, dove troviamo un Cooper che torna a sorridere e a farci sorridere dopo molto tempo).
In quello che per ora sembra una perfetta summa cinematografica, Lynch lavora come regista a tutto tondo e instancabile. Lo fa con puro divertimento, spirito di sperimentazione e autoironia. È lui stesso a comunicarcelo con l’interpretazione dell’agente dell’FBI ipo-udente Gordon Cole. Troviamo, insieme ai vecchi, volti nuovi, fra i quali spicca un espressivo Matthew Lillard nel ruolo di Bill, preside scolastico accusato per uno strano omicidio che sembra ricollegarsi a Cooper. Quindi siamo davanti anche a un potenziale nuovo mistery, per un cast monumentale che annovera anche personaggi dal mondo della musica come Eddie Vedder e Chrysta Bell. Ma Laura Palmer fa già di nuovo la sua comparsa nei primi due episodi, all’interno della Loggia nera, per sollevare nuovi dubbi sulla sua figura e sul destino che la riguarda. Twin Peaks è un luogo strano, buffo, misterioso, elettrizzante ed oscuro, difficile da comprendere per gran parte del pubblico, anche quello più affezionato. Ma non si può certo dire che questa oscurità non sia meravigliosa.
Furio Spinosi