L’angolo di Michele Anselmi
Ogni tanto qualcuno mi chiede: “Cosa c’è di buono da vedere in tv? Se possibile un film, non una serie”. Eccone uno su Netflix, un “romantic drama” per dirla con gli americani, di quelli che non finiscono tra i primi dieci in classifica. Risale al 2016, pare sia stato girato in una settimana, a basso budget, in una logica ultra-indipendente, con due attori in tutto. Si chiama “Blue Jay”, dal nome di un bar in disarmo che appare in una scena, l’ha diretto Alex Lehmann, partendo da una sceneggiatura di Mark Duplass, pure attore coprotagonista accanto alla più nota Sarah Paulson. Non è esente da difetti, ma mi pare attraversato da un palpito gentile, veicola un sentimento universale, parlando di qualcosa che, prima o poi, capita a tutti (quasi tutti) nella vita: un rincontro inatteso destinato a scombussolare per un po’ l’esistenza e gli ormoni.
Siamo in una cittadina californiana a ridosso delle montagne. Qui, facendo spesa al supermercato, quasi si “scontrano” Jim e Amanda. Sul finire degli anni Novanta, da liceali, ebbero una storia d’amore finita maluccio, adesso, quattro lustri dopo, ciascuno dei due non sa cosa dire. Lei, elegante e sposata a San Francisco con un sessantenne già padre di due figli, sembra una donna risolta, in cerca solo del gelato da portare alla sorella che non vede da tempo; lui, giaccone Carhartt da operaio, ha provato a rifarsi una vita a Tucson, Arizona, nel ramo ristrutturazioni di case, confessa di essere tornato al paesello solo per vendere la casa materna e ripartirsene. Naturalmente tutti e due mentono, per non complicare le cose; dovranno passare una giornata insieme, contro ogni previsione, prima di dirsi finalmente in faccia la verità.
Cinema della chiacchiera, si sarebbe detto un tempo, ma è una chiacchiera ben temperata, che sgorga sincera dalle pagine del copione, tra imbarazzi e sorrisi, ricordi e non detti, come talvolta capita quando ci si rivede tra ex fidanzati persisi di vista.
Avrete capito: lei, incuriosita, va a casa di lui per una visita veloce, il discorso prende una piega strana, sicché i due si ritrovano, complici la canzone “No More I Love You’s” di Annie Lennox e qualche strizzatina d’occhio alle commedie con Molly Ringwald ed Emilio Estevez, a inscenare per gioco un improbabile ventennale del loro matrimonio. Il resto ve lo potete immaginare, o forse no, perché il rendez-vous custodisce qualche sorpresa.
Spunto fragile, appunto da cinema indipendente sulle “cose della vita” da quarantenni, un po’ alla maniera di Richard Linklater; il che significa – scommettiamo ? – che qualcuno troverà “lento” l’andamento generale del racconto e qualcun altro invece molto si identificherà nei patemi amorosi/esistenziali dei due (di fronte alle emozioni lei non è capace di piangere, lui piange troppo). La partitura quasi teatrale non risulta artificiosa, se non nel lungo intermezzo centrale sulla messa in scena della vita coniugale in chiave “what if”, con tanto di inutile e lezioso balletto; ma prologo ed epilogo sono mantenuti su un apprezzabile equilibrio drammaturgico, tra realismo e invenzione, grazie anche alla naturalezza della recitazione e all’uso non calligrafico del bianco e nero.
PS. Francamente non so se stia stato doppiato da Netflix, ma raccomando comunque la versione originale con i sottotitoli.
Michele Anselmi