L’angolo di Michele Anselmi

Ecco le cinquine dei Nastri d’argento che arrivano a pochi giorni dalla cerimonia dei David di Donatello. I due cine-premi sono notoriamente rivali e quindi ha senso, anche per variare un po’ e offrire un panorama più largo del cinema italiano, differenziare le candidature. Chi voterei io alla voce miglior film se facessi parte del Sindacato giornalisti di cinema pilotato da Laura Delli Colli? Non ho dubbi: “Assandira” di Salvatore Mereu, una fosca storia sarda con Gavino Ledda, presa da un romanzo di Giulio Angioni, che avrebbe meritato migliore ascolto dopo l’anteprima alla Mostra di Venezia 2020. Ma sono certo che non vincerà. Scommettiamo? Peraltro non si capisce perché Mereu non sia stato inserito anche nella cinquina per la migliore regia, ma non si può avere tutto coi Nastri d’argento.

Mi auguro che possa avere qualche riconoscimento di peso – se lo merita – “Cosa sarà” di Francesco Bruni, protagonista Kim Rossi Stuart, un altro bel film che ha dovuto fare dolorosamente i conti con la pandemia e la chiusura delle sale, lo scorso novembre. Mi auguro altresì che, alla voce migliore opera prima, i giurati lascino finalmente da parte “I predatori” di Pietro Castellitto, già esageratamente premiato altrove (almeno secondo me), per concentrare il loro voto sul notevole “Il cattivo poeta”, interpretato invece da Castellitto senior, scritto e diretto da Gianluca Jodice, appena uscito nelle sale. Continuo a non capire, inoltre, perché non rispettare rigorosamente il numero di cinque nel comporre le cinquine sulle quali far votare. Tre categorie – migliore attrice non protagonista, miglior regista esordiente e migliore attore di commedia – salgono a sei, vai a sapere perché. Una regola è una regola: andrebbe rispettata sempre, senza eccezioni.

Michele Anselmi