L’angolo di Michele Anselmi

Mi regalano per il mio 68° compleanno un bel librone di quasi 1.200 pagine intitolato “La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. 1932-2022”, curato dall’illustre saggista Gian Piero Brunetta, edito da Marsilio insieme alla Biennale. Non ho voluto sapere quanto sia costato, ma a occhio parecchio, considerando la lussuosa confezione. Qualcuno mi aveva detto, durante la Mostra veneziana 2022, che ero citato parecchie volte, ma poi, benché incuriosito, francamente m’ero dimenticato di approfondire.

In effetti, all’indice dei nomi, appaio ben tredici volte, e ringrazio Brunetta, tardivamente, per l’attenzione rivoltami (tutti gli articoli recuperati si riferiscono a quando ero inviato per “l’Unità”, cioè fino alla chiusura del luglio 2000, che impedì naturalmente a noi del giornale di andare al Lido quell’anno). Non so dire se confermerei, oggi, quanto scrissi allora, intendo giudizi sui film e dettagli di cronaca, ma c’è un punto che vorrei precisare per uscire da una chiacchiera un po’ infamante, meglio: fastidiosa.

A pagina 800 si parla della commissione di esperti, gestione Gillo Pontecorvo direttore, nella quale fui cooptato a metà anni Novanta. Restai lì tre anni: 1994-1995-1996. Fu un’esperienza formativa e insieme faticosa, purtroppo del tutto gratuita: allora lo statuto non prevedeva compensi per i selezionatori chiamati a vedere migliaia di film tra giugno e luglio, a parte l’albergo Des Bains pagato dalla Biennale durante i giorni della Mostra. Brunetta scrive che “nonostante l’ottimo gruppo di collaboratori”, cioè Vincenzo Cerami, Andrea Martini, Alessandra Levantesi, Claudio Carabba e appunto il sottoscritto, per l’edizione 1995 ci fu parecchia maretta riguardante l’esclusione per «”insufficienza artistica” di un film di tutto rispetto come “I ponti di Madison County” di Clint Eastwood, autore già rifiutato, sempre da Pontecorvo, per “Gli spietati”».

Mi sono consultato con Giorgio Gosetti, allora “vice-direttore” della Mostra: francamente noi della commissione non fummo mai coinvolti nella discussione su “I ponti di Madison County”, quindi qualcosa non torna in merito alla ricostruzione di Brunetta, a meno che Pontercorvo non abbia visto da solo il film a Los Angeles mesi prima e deciso lì per lì, senza consultarci, magari pensando che fosse troppo mieloso. Io l’avrei comunque preso, sempre se fossi stato chiamato a decidere.

Ma su “Gli spietati” una cosa la posso dire, per quanto non di prima mano. Nel 1992 quel film fu proposto dalla Warner Bros alla Mostra, per il concorso. Pontercovo lo vide, di sicuro non ne capì la forza espressiva all’interno del genere western, temporeggiò, alla fine suggerì una collocazione in “Venezia Notti”, la fortunata sezione parallela di titoli ad alto tasso spettacolare curata da Irene Bignardi. A quel punto la WB molto si arrabbiò e si riprese il film, subito dopo riempiendo il Lido, durante la 62ª edizione della Mostra, di enormi cartelloni con l’efficace manifesto di “Gli spietati”.

Ad ogni buon conto: nel 1992 non facevo parte della commissione, sarei arrivato solo due anni dopo, e quindi sono del tutto “innocente”, benché qualcuno tra i colleghi cinefili continui a rimproverarmi ancora oggi – per la serie: “Voi selezionatori, che cantonata prendeste!” – di non aver voluto alla Mostra di Venezia quel western così importante, all’epoca venne definito “ultimate”, cioè “definitivo”, facendo naturalmente molto arrabbiare Eastwood.

Michele Anselmi