Nato dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle rinato più e più volte sotto forma di fumetto, telefilm, cartoon, serie tv, parodia… Sherlock Holmes ha ispirato tutti i detective della storia da Hercule Poirot a Nero Wolfe, passando per Ellery Queen, fino al francescano Guglielmo da Baskerville de "Il nome della rosa". Il britannico Guy Ritchie si cimenta qui con "la leggenda" ma lo fa a suo modo, ben avviato stavolta verso il successo al botteghino. In una Londra tetra e affogata nel buio e nella pioggia, divisa tra “le magnifiche sorti e progressive” di un secolo l`800 che sta per chiudersi e una superstizione strisciante; tra scienza e fede, potere dell`intelletto e dell`occulto, si snodano le avventure del celeberrimo investigatore. Buona dunque la regia. Bella prova per l`istrionico Robert Downey Jr. Il suo è un Holmes bohémien, abbigliato come un artista o un poeta, misogino e misantropo, che aggiunge un pizzico di ambiguità al suo rapporto con Watson. Un Holmes che quando scatena le sue cellule grigie e la sua abilità atletica (combatte a colpi di wing chun, boxando a mani nude) si trasforma quasi in un super eroe. Jude Law, impeccabile, ribatte a tono nei panni di un Watson più acuto dell`originale e l`alchimia tra i due è perfetta. Mark Strong è il dark lord, sorta di Cagliostro dedito alla magia nera. Rachel McAdams è Irene Adler, femme fatale, avventuriera e abile ladra, l`unica in grado di sciogliere il gelido cuore del nostro detective. La trama, piuttosto elementare, è ben mascherata dall`azione, dagli effetti speciali e dai dialoghi brillanti. Lugubre e fosca la fotografia del francese Philippe Rousselot, seducenti i costumi di Jenny Beavan, trascinante la colonna sonora di Hans Zimmer, divertenti i titoli coda, il finale aperto prelude al sequel.

Francesca Bani