La Mostra di Michele Anselmi per Cinemonitor | 22

Diciamolo: a Venezia i film di chiusura contano poco o niente, non fosse altro perché dopo la cerimonia di premiazione tutti scappano via, ma forse si poteva trovare qualcosa di meglio di questo “Il bambino nascosto”. Robertò Andò è uno scrittore sensibile, un bravo regista di cinema, teatro e opera lirica, un siciliano colto e gentile; tuttavia non è sempre una buona idea portare sullo schermo i propri romanzi. Dopo “Sotto falso nome” e “Il trono vuoto” tocca adesso, appunto, a “Il bambino nascosto”, pubblicato nel 2020 da La Nave di Teseo e ora film prodotto da Angelo Barbagallo e Rai Cinema (uscirà nelle sale il 4 novembre).
Ciò che sulla pagina custodisce un senso misterioso ed evocativo al cinema rischia di diventare un esercizio di stile un po’ fine a sé stesso. In questa specie di “kammerspiel” ambientato nel quartiere di Forcella, a Napoli, succede che un sessantenne professore di conservatorio, tal Gabriele Santoro, abitudinario e solitario, si ritrovi un casa senza saperlo un ragazzino in fuga da qualcosa. Ciro abita al piano di sopra, ma non vuole tornare dai suoi, teme il padre camorrista. Che cosa ha combinato? E perché il pianista, pure intuendo che sta per mettersi nei guai seri, accoglie quel piccolo fuggitivo già così contagiato dal culto delle pistole, del “machismo”, della violenza?
Avrete capito la dinamica psicologica che si crea: il ragazzino, sboccato e mitomane, mai svezzato, trova nel pianista una specie di padre, un sostegno inatteso, solidale; mentre il vecchio, misantropo e pure omosessuale, negatosi all’attività concertistica sentendosi forse inadeguato, trova una ragione per compiere un gesto di generosità e sentirsi meno solo.
Se il piccolo Giuseppe Pirozzi fa d’istinto Ciro, Silvio Orlando fa Silvio Orlando nei panni del “maestro”: laconico, umorale, in rotta col fratello, anaffettivo, e tuttavia capace perfino di armarsi di una Beretta calibro 9 per difendere Ciro da una possibile esecuzione ordinata da un boss locale.
Tra citazioni poetiche da Kavafis, omaggi a Totò e frasi a effetto del tipo “Tra la legge e l’amore oggi sceglierei l’amore”, il film intreccia meditazione senile e andamento da thriller partenopeo, del senso di una minaccia costante, di un microcosmo nel quale tutti si sfiorano senza parlarsi. Purtroppo “Il bambino nascosto” mi sembra un po’ inerte, anche recitato così così, benché siano coinvolti attori di vaglia come Roberto Herlitzka, Lino Musella e Gianfelice Imparato, diciamo molto racchiuso nelle suggestioni che vengono dalla fotografia di Maurizio Calvesi. Forse era meglio, ripeto, che tutta la vicenda restasse sulla pagina scritta.

Michele Anselmi