L’angolo di Michele Anselmi
A quanto pare non ha vita facile, nella sua amata Russia, il regista Aleksandr Sokurov, 71 anni, autore di film importanti come “Moloch”, “Arca russa”, “Faust” (Leone d’oro a Venezia 2011), “Francofonia”. Volato a Roma per presentare il suo nuovo “Fairytale – Una fiaba”, che uscirà il 22 dicembre con Academy Two, stasera anteprima al Greenwich con lui presente, il titanico cineasta nato nel villaggio di Podorvikha, nella remota regione siberiana di Irkutsk, non cita mai Putin rispondendo alle domande dei giornalisti, ma si capisce che il tasto è dolente, anzi decisamente sanguinante.
Dice, per esempio: “La responsabilità di un uomo potente che scatena una guerra e cagiona la morte di tante persone anche innocenti non è diversa da quella di chi ha permesso che quell’uomo andasse al potere. Possiamo pure riuscire a fucilare o a impiccare un dittatore, ma che cosa facciamo dei milioni di persone che hanno favorito l’ascesa di quel tiranno?”.
E ancora, sempre alludendo a Putin senza nominarlo: “Sì, ho difficoltà a vivere nella Russia attuale. Non solo come artista. Io, come cittadino, posso solo scrivere lettere al presidente, dando un senso alla mia protesta per ciò che accadendo in Russia sul fronte della situazione politica e della guerra. Ma da tempo non ricevo più risposte. Sono considerato una persona ‘non grata’, nessuno pubblica più le mie cose. I media dell’opposizione hanno quasi tutti lasciato il Paese. Uno Stato non è libero senza le voci delle opposizioni. Per questo sono preoccupato”.
Ce n’è anche per la censura tutt’altro che strisciante: “Sì, in Russia esiste, eccome. Diciamo che è un’arma a freddo utilizzata soprattutto contro i giovani. Spero che i miei studenti di cinema riescano ad evitare di essere arruolati a forza per combattere quella guerra. Il cinema è un’arte collettiva: servono tante persone, soprattutto capitali ingenti. Per me è sempre più difficile trovarli. Purtroppo ci sono momenti nella storia di un Paese, e questo è uno di essi, in cui un’intera generazione rischia di essere privata dei suoi diritti, della capacità di esprimersi, eventualmente anche di opporsi”.
Di “Fairytale – Una fiaba” parlerò diffusamente in vista dell’uscita sotto Natale. Una cosa va forse detta subito: non di “fiaba” in senso classico trattasi. Sokurov immagina infatti che Hitler, Stalin, Churchill e Mussolini si aggirino per una sorta di Purgatorio, meglio un limbo in bianco e nero, in attesa di essere ricevuti da Dio in persona. Come risvegliatisi da un sonno profondo e duplicati quasi fossero gemelli, per ognuno di essi ci sono almeno quattro o cinque “sosia”, i quattro protagonisti europei della Seconda guerra mondiale si aggirano lentamente in forma da ectoplasmi – parlando, scherzando, rivaleggiando e filosofeggiando – dentro scenografie che sembrano uscire da antiche stampe e incisioni dantesche in stile Gustave Doré, tra rovine, grotte, foreste rinsecchite e cave di marmo.
La trovata estetica sta nel fatto che non ci sono attori, sono proprio loro, Hitler, Stalin, Churchill e Mussolini, “ritagliati” dopo una ricerca accurata durata due anni, da archivi di tutto il mondo, individuando atteggiamenti e sguardi non prevedibili, al fine di comporre un mosaico utile a far emergere “il carattere” di quei quattro protagonisti della storia (si aggiunge per un attimo anche Napoleone). Le frasi che essi pronunciano sono state scritte da Sokurov e dette in quattro lingue dai doppiatori, ma il resto è tutto vero, prodigiosamente vero, come spiega una scritta sui titoli di testa: “Per questo film sono stati usati esclusivamente materiali d’archivio senza l’uso di deep fake o altri mezzi di intelligenza artificiale”.
Michele Anselmi