L’angolo di Michele Anselmi
So bene di essere in minoranza, c’è chi ne parla addirittura come di un capolavoro. Io penso, invece, che “Soldado” non sia una gran riuscita: sembra un action-movie di serie B fatto con un budget da serie A, circa 35-40 milioni dollari (a consultare il sito Imdb). Lo trovo schematico, scritto un po’ alla carlona, recitato maluccio o senza convinzione; certo riuscito nelle sequenze d’azione, specialmente sparatorie, inseguimenti, riprese dall’alto ed esplosioni varie. Insomma, non riesco proprio a prenderlo sul serio, anche se leggo su “la Repubblica” che il regista Stefano Sollima intende proiettarlo a Pozzallo, giù in Calabria, presentandolo come “un film contro i muri”.
Intendiamoci, Sollima, romano, classe 1966, figlio del Sergio di “Sandokan”, è un regista che sa il fatto suo in materia di romanzi criminali & dintorni. Serie tv come “Gomorra” e “Suburra” ne hanno rivelato un certo talentaccio registico all’americana, confermato dal film “A.C.A.B. All Cops Are Bastards”. Non sorprende più di tanto che gli americani, avendo deciso di dare un seguito a “Sicario”, diretto nel 2015 dal canadese Denis Villeneuve, abbiano pensato a lui per “Sicario: the Day of Soldado” (così suona il titolo originale di questo secondo capitolo).
Considerati i buoni incassi internazionali, circa 80 milioni di dollari fino ad ora, pare certo un terzo e conclusivo capitolo, del resto evocato dal finale che più aperto non si può, racchiuso nella frase che molto allude: “Ora, ragazzo, parliamo del tuo futuro”.
E pensare che lo sceneggiatore è lo stesso di “Sicario”, ossia Taylor Sheridan, pure ottimo regista con “I segreti di Wind River”: nondimeno qualcosa non torna, stavolta, nell’intreccio, ricolmo di ellissi narrative e coincidenze prevedibili.
Il muro tirato su da Obama e teorizzato da Trump divide il Messico dal Texas, sicché i nuovi terroristi islamici dell’Isis pronti a farsi esplodere nei supermercati americani si mischiano ai poveri immigrati clandestini per introdursi più facilmente oltre frontiera e colpire duro. La risposta della Casa Bianca è di quelle un po’ da film: l’agente speciale Fbi Matt Graver, cioè Josh Brolin, viene incaricato dal segretario di Stato, un Matthew Modine mai così fuori ruolo, di seminare illegalmente il caos in Messico, mettendo l’uno contro l’altro i cartelli della droga, ora dediti al più redditizio traffico di esseri umani.
Ma per scatenare “una guerra di tutti contro tutti” occorre l’uomo giusto, che Graver, memore di “Sicario”, ritrova nel misterioso ex procuratore messicano Alejandro, cioè Benicio Del Toro, sempre animato dal sacro fuoco della vendetta nei confronti del narco-boss Reyes. Proprio l’adolescente figlia di Reyes, Isabela, una ragazzina tosta e dura, è la preda da sequestrare perché la mattanza abbia inizio, s’intende a vantaggio degli Stati Uniti.
Cancellata la problematica poliziotta interpretata da Emily Blunt, “Soldado”, nelle sale da giovedì 18 ottobre con 01-Raicinema, mira più al sodo: poca psicologia, molta adrenalina, un trionfo di coreografie balistiche (per usare la formula di Marzia Gandolfi), una musica gonfia e minacciosa, un cinismo a fior di pelle, ma con una sorpresa in sottofinale, quando Alejandro e Isabela si ritrovano isolati in territorio nemico, costretti in qualche modo a fidarsi l’uno dell’altra, mentre tutti, “buoni” e “cattivi”, danno la caccia ai due.
Consiglierei di non vedere “Soldado” con l’occhio ai fatti italiani legati all’immigrazione. Sia che il ministro Salvini apprezzi sia che no.
Michele Anselmi