Spider-Man: Far From Home, nelle sale italiane dal 10 luglio, ha un titolo che non potrebbe essere più simbolico e agli antipodi rispetto al precedente Homecoming. Se in quel caso il centro era un trovare e tornare a una casa – per un orfano come Peter Parker di entrambi i genitori e dello zio, morti tutti quanti in modi orribili – in questo, con la gita scolastica europea, si tratta di un allontanamento da essa e dunque del rito di passaggio per entrare nella fase di giovane adulto.

Ciò arriva in un momento delicato sia per il mondo, reduce dagli eventi di Avengers: Infinity War e End Game, sia per Spiderman. Il nucleo della trama del film gravita quasi sempre attorno al fantasma tragico del ‘padre adottivo’ e mentore Tony Stark alias Ironman, ed è un concetto più profondo di ciò che potremmo pensare per un cinefumetto o un teen movie. Iniziamo dal principio: Spiderman, come altri del resto, è un supereroe molto umano e decisamente solitario, anche se attorniato da amici, una futura fidanzata, zia May e il personaggio di Happy.

Oltre ad avere questo fardello di passato recente e più remoto, Spiderman deve anche fare i conti con un nuovo problema incarnato da Quentin Beck/Mysterio, l’uomo proveniente dall’Altra terra, la realtà alternativa in cui l’umanità era stata decimata da Thanos. Inizialmente supereroe sodale, ma poi voltagabbana, il sornione Jake Gyllenhaal è perfetto per questo ruolo, nonostante il tipo di produzione non gli si addica particolarmente, poiché questo personaggio fumettistico del Maestro delle Illusioni darà occasione a lui e al regista Jon Watts di riproporre un classico dell’universo dell’Uomo Ragno: il conflitto continuo tra personaggi dalla duplice identità e personalità.

In Quentin Beck, Peter trova non solo un “Friend or Foe” (amico/nemico), ma proprio quel nuovo surrogato paterno che Happy (Jon Favreau) non può permettersi di incarnare, dunque, la scoperta della verità non sarà affatto dura da mandar giù. In un’ambientazione con simili echi provenienti dagli inizi del 2000, il riferimento è alla trilogia di Raimi, questa dicotomia non assume gli stessi potenziali mélo e schizofrenici che il regista di La Casa ci ha regalato, tuttavia il nuovo Spiderman fornisce occasioni di riflessione non indifferenti.

Le elaborate illusioni nelle quali Mysterio intrappola Spiderman, allora, diventano ottimo strumento per realizzare, cinematograficamente parlando, delle stimolanti e labirintiche fantasmagorie. Spider-Man: Far From Home cerca naturalmente di stare nei binari del cinefumetto e del teen movie, ma è una creatura più particolare ed eclettica, più giovane e brillante. Film di transizione in tutti i sensi, questo “viaggio lontano da casa”, forse non sarà accolto bene dalla critica e da certa ‘fanbase’, ma è sufficientemente appagante, senza mai commettere l’errore di ambire all’epica tracotante dei precedenti Avengers. Spider-Man: Far From Home, tolte le costose star, location ed effetti visivi, rispecchia Peter Parker stesso: è un film piccolo, coraggioso e onesto.

Furio Spinosi

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