L’angolo di Michele Anselmi | Scritto per Cinemonitor
S’intende: gli incassi non sono tutto, specie nel cinema d’autore di forte caratura, ma è un fatto che il nuovo film di Nanni Moretti non sta piacendo alle platee italiane, almeno non nella misura prevista. Il 27 aprile, a undici giorni dall’uscita massiccia in oltre 400 copie, “Mia madre” aveva totalizzato al botteghino 2 milioni e 126 mila euro: poco. E non si tratta di fare confronti, ci mancherebbe, con “Avengers -Age of Ultron” che in un solo week-end è arrivato a 8 milioni. Tuttavia qualcosa sembra essersi rotto nel solido rapporto, diciamo speciale, quasi “fidalizzato”, che Moretti ha sempre intrattenuto col suo pubblico.
Qualche confronto? Nel 2006 “Il Caimano” incassò 2 milioni di euro nei primi tre giorni di programmazione; nel 2011 “Habemus Papam” 1 milione e 400 mila nello stesso periodo; nel 2001 “La stanza del figlio” 1 miliardo di lire, sempre nei primi tre giorni, con appena 68 copie. Non è che fossero proprio commedie da ridere, e certo “Mia madre”, costato ben 7 milioni di euro, affronta un tema doloroso, per quanto contrappuntato da qualche “morettina” ironia sul cinema attraverso il personaggio del divo americano in trasferta a Roma (peccato tagliare al montaggio le scene nelle quali John Turturro sfotte Scorsese, De Niro e Cimino).
Resta il fatto che con Moretti, anche se non si ritaglia per sé il ruolo da protagonista e da tempo ha mandato in pensione l’alter ego Michele Apicella, la star è lui, indiscutibilmente lui. Basta la parola. Infatti, ancor prima dell’uscita del 16 aprile scorso, antipatizzanti e simpatizzanti hanno incrociato le penne, spesso con toni appassionati: c’è chi, come Mariarosa Mancuso sul “Foglio”, ha sfotticchiato “l’orfanello sessantenne” tirando in ballo Arbasino su Pascoli; e chi, come Paolo Di Paolo sul “Fatto Quotidiano”, ha difeso il cineasta romano dal sarcasmo facile recuperando un ammonimento di David F. Wallace su quando «l’ironia diventa di per sé un semplice strumento di discorso sociale».
D’altro canto, Nanni Moretti ha sempre diviso, anche oggi che non guida più i “girotondi” (stagione archiviata), evitare di impartire lezioni ai politici di sinistra e non prende più di mira una certa cinefilia sfegatata, spesso ottusa. Magari è diventato più buono con l’età, o semplicemente non gli va di praticare lo splendido isolamento di un tempo. In fondo anche fotografia sorridente coi “rivali” Garrone e Sorrentino più il comunicato congiunto in vista di Cannes paiono testimoniare un’attitudine diversa. Fermo restando che solo a lui, tra i registi in gara al festival, è garantito dal direttore Thierry Frémaux il privilegio di far uscire i suoi film in Italia prima del passaggio sulla Croisette, stavolta atteso per il 16 maggio.
Michele Anselmi