Alice Howland ha cinquant’anni, felicemente sposata e madre di tre ragazzi, è una rinomata professoressa di linguistica con cattedra alla Columbia University, quando improvvisamente inizia a dimenticare le parole. Le viene diagnosticata una forma precoce di Alzheimer: la coraggiosa battaglia per cercare di rimanere legata alla persona che è stata è terribile, commovente e ammirevole, Alice combatte contro il suo destino, tentando di proteggere la sua vita e i suoi affetti.
Tratto dal best seller di Lisa Genova, il film svela una strepitosa Julianne Moore che mette in scena una donna dalla volontà d’acciaio, la cui mente svanisce poco a poco e il cui corpo senza controllo diviene sempre più esile e fragile.
Per la coppia di sceneggiatori/registi Richard Glatzer & Wash Westmoreland quello della malattia era un tema fin troppo familiare. Wash racconta che all’inizio del 2011 Richard si era fatto visitare da un neurologo a Los Angeles, in seguito ad alcune difficoltà che aveva sviluppato nel parlare, il dottore notando un inarcamento della lingua gli aveva predetto: “Credo sia SLA”. Alzheimer e SLA sono malattie molto diverse ma il crescente senso di terrore che accompagna la diagnosi, la sensazione di avere le ali tarpate nel momento in cui la vita acquisisce la sua totale pienezza si somigliano. Sono terminali, incurabili e isolano il paziente dal mondo esterno. Ma la cosa più atroce – spiega ancora Westmoreland – è che entrambe cancellano il senso dell’identità, perciò è essenziale cercare di aggrapparsi a se stessi. Still Alice acquisisce così uno stile privato e profondo, con la camera che indugia sul volto smarrito e perso della Moore o sulla rabbia e l’impotenza della figlia “ribelle” Kristen Stewart.
Glatzer e Westmoreland hanno fatto la storia del Sundance Film Festival nel 2006, quando il loro Non è Peccato – La Quinceañera ha vinto sia il premio del Pubblico che quello della Giuria. La Moore è stata appena premiata ai Golden Globe e nominata agli Academy Award, ci auguriamo questa sia la volta buona in cui un’attrice del suo calibro arrivi stringere tra le mani la dorata statuetta. Gli Oscar potrebbero così gettare un fascio di luce su un male oscuro, troppo spesso dimenticato, che nel mondo colpisce oltre 36 milioni di persone e ne coinvolge più di 60, occupate nell’aiuto e nel sostegno ai malati. Produce Maria Shriver, clan Kennedy, ex first lady californiana, giornalista, scrittrice e attivista, da lungo tempo impegnata nella difesa dei diritti delle donne.
Francesca Bani