A colloquio con Filippo Casaccia su Divane divane visioni. Guida non convenzionale al cinema (Odoya edizioni), il bel tomo – firmato con lo pseudonimo di Dziga Cacace – in cui sono raccolti i pareri su tutto quanto l’irriverente autore televisivo e giornalista ha visto «al cinema e a casa tra il 1995 e il 2001».
Divine divane visioni rimette prepotentemente al centro dell’analisi filmica la soggettività dello spettatore. Sembra quasi un esercizio in grado di equilibrare due tipi di critiche, quella più tradizionale e quella più contemporanea e legata alla rete… Che ne pensi?
Ti ringrazio, sarebbe un bel risultato! Un tempo divoravo tutto, sia a livello cinematografico che a livello di letture, oggi seguo poco sia la critica che il cinema in sala. Forse inconsciamente cercavo l’effetto che indichi tu. Sicuramente il mio era un tentativo ingenuo, ma sincero di riscrivere “la critica” come mi sarebbe piaciuta leggerla, con un afflato personale non dissimulato. Ho sempre amato chi ha scritto di cinema in modo personale, raccontando se stesso attraverso i film. Io non so se ci sono riuscito, ma alla fin fine questo tomazzo raccoglie una selezione del mio diario, dove i fatti personali si scontrano coi film e viene fuori una sorta di educazione sentimentale cinematografica… In molti si riconoscono e mi fa piacere, vuol dire che al di là dei gusti c’è il desiderio di leggere dei pareri (forse più che delle “critiche”) da qualcuno che identifichi come amico, che non si pone al di sopra del tuo giudizio, ma che è pronto a discuterne.
Come ti dicevo, oggi non leggo sistematicamente critica cinematografica, ma apprezzo tanti che scrivono su FilmTV a partire dall’ottimo direttore Mauro Gervasini (non faccio altri nomi perché ne dimenticherei troppi). Adoro quello che scrive Alessio Guzzano, che compone delle miniature stilisticamente preziose e sempre ricchissime. E ancora Federico Bernocchi (I 400 calci), affabulatore di grande competenza e dotato di un entusiasmo contagioso. Che poi non sia sempre d’accordo con tutti questi ottimi critici non significa nulla. Ecco, la rivalità tra gruppi di critici è una cosa che proprio non comprendo. In generale mi interessa una critica che abbracci il lettore, non che lo respinga per dargli una lezione.
Dallo pseudonimo scelto, incredibile incontro tra Vertov e un nomignolo liceale, si capisce molto dello spirito di questa raccolta di recensioni. In che modo il brio e l’impertinenza di certa scrittura si legano ad una visione unitaria?
Eh, ho paura che non si leghino! Quando ho cominciato a scrivere queste cose ero ancora un ventenne e volevo dire la mia su tutto, con il gran casino che si ha in testa a quell’età (e non è che sia cambiato molto, però). Io so di non essere attendibilissimo su certi giudizi, influenzati da chissà che. Mi prendevano degli sturbi pazzeschi e ancora oggi, rileggendomi, mi sento a disagio per come mi incazzavo per certe cose, per come ho trattato dei professionisti che su quei film avranno sputato sangue. Oggi tendo a giustificare tutto, forse perché so che fatica costi la messa in scena e di come i risultati siano figli di tantissimi imprevisti e difficoltà. All’epoca – bello come il sole – era tutta una gioia puntare il dito e criticare. Era l’impertinenza di chi sta cercando ancora un suo posto… Oggi scrivo con meno impertinenza e spero di compensare col brio che non credo sia mai venuto meno. Lo Dziga precisino è sempre lì, ma il cazzone Cacace s’è fatto più bonaccione, diciamo.
Saltando da Dredd – La legge sono io a Yol, spesso, il lettore entra in un gioco straniante come se Divine divane visioni riuscisse a dare una nuova natura alle pellicole stesse attraverso il gusto di uno spettatore che è anche (ri)autore. Parliamo di questo.
Guarda: Giuseppe Genna ha dato una lettura molto interessante del libro. Per lui questo frullatore caleidoscopico dove accanto al classico e al film d’autore trovi la pellicola di serie Z o il porno è come se fosse un’immensa fotografia di cosa sia stato il cinema nel nostro immaginario novecentesco. Tra le prime recensioni c’è una raccolta dei film dei Lumière, che esordirono nel 1895. In fondo al libro c’è invece un rimando non troppo occulto a cosa sarebbe accaduto l’11 settembre. Ecco: secondo me il secolo breve di Hobsbawn andrebbe allargato! Il Novecento comincia nel 1895 e finisce nel 2001, con le torri gemelle. E in mezzo c’è questo secolo terrificante sempre documentato da delle immagini cinematografiche. Raccontato e riscritto grazie al cinema. E non sarà più così, con i nuovi mezzi di comunicazione.
Forse il mio filtro, le mie scelte, sono un ulteriore modo di circoscrivere la storia del cinema, “una” storia del cinema, una delle tante. Ma è anche tutto un po’ casuale, sia cosa vedevo allora, cosa si trovava, cosa c’era nei cinema e nei cineclub e cosa passava la tivù. E poi ho fatto una selezione prediligendo le cose che mi sembravano più risolte come scrittura e ho magari lasciato fuori film importanti su cui non avevo nulla da dire. Tornando a Genna: sì, è un caleidoscopio caotico, probabilmente non intenzionale, e riflette il caos che ha testimoniato (oltre a quello che ho ancora in testa).
Nonostante la variabile soggettiva sia più presente rispetto alla media della critica cinematografica contemporanea (anche di tendenza), emergono delle costanti estetico-metodologiche, alcune passioni – potremmo dire – che quasi sostengono l’architettura globale, penso all’amore per il cinema di Bertolucci ad esempio…
Mi fa piacere che queste costanti siano leggibili… Ovviamente trovo naturale ciò che ho scritto e solo a posteriori riesco a vedere un po’ il canone che mi ha ispirato, che mi ha sempre entusiasmato. Perlomeno in quegli anni di studio e passione smisurata. Oggi vorrei rivedere ancora quei film per capire se mi danno le stesse emozioni. Sicuramente Bertolucci era e rimane una mia grandissima passione… Più conosci un autore più ne comprendi il percorso e le eventuali deviazioni, che chiaramente sei pronto a perdonare. Amavo e amo tantissimo il cinema sovietico, Murnau, le avanguardie… E mi sono stupito – rileggendomi – della cura con cui cercavo e vedevo delle cose che oggi forse affronterei con più cautela. Degli anni in cui ho scritto sicuramente ho apprezzato tantissimo Kusturica, Von Trier e Kitano – anche se per abitudine, allora, tendevo a essere più critico che spassionatamente conquistato. Oggi non saprei cosa dirti. Invecchiando godo ritornando ai vecchi film. Dei nuovi apprezzo la precisione della messa in scena, il livello ormai altissimo delle regie e degli apparati tecnici, ma l’emozione dei film con cui sono cresciuto la provo ormai raramente. Sarà la vecchiaia ma “quel” canone con cui sono cresciuto (il Neorealismo, la Commedia all’italiana, il cinema sperimentale degli anni Venti e Trenta, quello sovietico, la New Hollywood tra anni Sessanta e Ottanta) rimarrà sempre lì. Non so, oggi, chi comincia a conoscere il cinema da cosa parta, cosa vada a cercare. Perché poi, veramente, se ti mancano certe visioni tutto il resto rimarrà storicamente un po’ sballato. Le serie (peraltro non di rado straordinarie) stanno influenzando radicalmente il gusto, con effetti che secondo me ancora non stiamo comprendendo.
Il tuo è in sintesi il diario di uno spettatore e in questo ha davvero qualcosa di molto affascinante, come se raccontasse un’altra storia a margine. Da qui anche l’idea di indicare, alla fine dei pezzi, luogo o modalità di visione? Addirittura indichi se la VHS fosse più o meno originale…
Il raccontare la “storia a margine” è sempre stato un mio difetto (o pregio, dipende). Mi è sempre interessato il contesto e talvolta prende il comando: credo fermamente che il giudizio su cosa si vede sia influenzato clamorosamente dalla digestione, da come si è dormito, se si hanno delle “storiacce con la tipa” (cit.). etc. Così come da visioni precedenti e idiosincrasie manifeste. Nulla da obiettare, ma il lettore – così come l’estensore della critica – dovrebbe esserne consapevole. Sinceramente ho conosciuto pochissimi critici capaci veramente di staccare il giudizio da dei preconcetti (politici, artistici, umani) e ribadisco: se tutto ciò è leggibile a me va benissimo, è una cifra che mi permette di prendere le coordinate. Io metto tante indicazioni (il medium, chi c’era in sala, com’ero arrivato a vedere il film) perché son sicuro che influenzino la mia visione. Ho visto tantissimi film in VHS o in televisione… Col quadro aberrato, il doppiaggio precario, la fotografia andata a quel paese… Magari in altre condizioni erano altri film ancora. Chi lo sa? Spero che questo mio testo ricordi che ci sono tanti film quanti i modi di vederli e che la bellezza del cinema rimane nella condivisione, nella discussione, nella socializzazione di cosa si è visto.