Il reboot di Spider-Man prende strade diverse e sconosciute rispetto alla trilogia di Sam Raimi. Marc Webb, autore di 500 giorni insieme, piccolo gioiello di commedia romantica, non può vantare il curriculum di Raimi, ma ha il merito d’aver azzeccato alla perfezione il cast per questo nuovo inizio dell’Uomo Ragno. Andrew Garfield risulta uno Spider-Man ancor più credibile e in parte rispetto a Tobey Maguire, sia per capacità recitative che per caratteristiche fisiche. Il suo Peter Parker è meno sfigato, impacciato e malinconico, mentre risulta assai più tormentato e ribelle, quasi dark. Questo è dovuto anche al fatto che il film di Marc Webb s’ispira a Ultimate Spider-Man, la serie a fumetti della Marvel che nel 2000 riscrive in chiave moderna le vicende dell’Uomo Ragno. Da qui la scelta di andare alle origini di Peter Parker, ancor prima di quelle del supereroe, rimasto orfano dei genitori e cresciuto dagli amorevoli zio Ben e zia May, ben interpretati da Martin Sheen e Sally Field.
La controparte femminile non è più Mary Jane ma Gwen Stacy, compagna di scuola di Peter e figlia del capitano della polizia (un convincente Denis Leary), resa magnificamente sullo schermo dalla brava Emma Stone, al contrario di quanto era accaduto con la poco brillante interpretazione di Bryce Dallas Howard nel poco ispirato terzo capitolo della saga di Raimi. Anche qui la trasformazione in Spider-Man avviene a causa del morso di un ragno mutante, ma non troviamo più le ragnatele organiche sostituite dai più fedeli al fumetto lancia ragnatele, creati dallo stesso Peter Parker.
Capitolo villain: se il cast ed alcuni snodi narrativi risultano più ispirati rispetto ai film precedenti, si può tranquillamente ammettere che i cattivi dei primi due capitoli con Tobey Maguire sono inarrivabili, anche per merito delle gigantesche prove attoriali di Willem Dafoe e Alfred Molina. Rhys Ifans non se la cava male nei panni del lucertolone Lizard, ma è lontano dai suoi illustri colleghi anche a causa degli effetti speciali non pienamente convincenti e del tema della doppia personalità del suo personaggio che non è stato sfruttato a dovere in fase di sceneggiatura.
Non mancano i momenti divertenti in questo nuovo adattamento, specie nella prima parte con Garfield/Parker costretto a fare i conti coi suoi nuovi super poteri , così come non manca, verso il finale, il consueto ma spassosissimo cameo di Stan Lee. Molte le scene spettacolari, in particolare l’emozionante sequenza delle gru, una delle quali manovrata dal redivivo C. Thomas Howell (I ragazzi della 56a strada, The Hitcher), che si elevano tra i grattacieli di New York in aiuto di un malconcio Spider-Man lanciato in una corsa contro il tempo verso il palazzo della Oscorp.
Forse un reboot, a distanza di soli dieci anni dal primo Spider-Man di Raimi, non era poi così impellente e necessario ma è comprensibile che l’industria hollywoodiana, in mancanza d’idee nuove e originali, si affidi ai supereroi per fare cassa. Detto ciò si può senz’altro affermare che Webb ha svolto al meglio il difficile compito che gli era stato affidato, restituendo nuova linfa vitale all’uomo ragno, dopo il fiacco terzo capitolo di cinque anni fa e preparandosi a tornare al timone del prossimo episodio annunciato per il 2014.
Boris Schumacher