Non è la prima volta che viene portato sul grande schermo lo storico Barnum & Bailey Circus. Nel 1952 fu il kolossal-maker Cecil B. De Mille con Il più grande spettacolo del mondo, vincendo un Oscar per il miglior film, oggi, 65 anni dopo e una pre-produzione di 10 anni, è Michael Gracey a dare nuovo lustri alla storia, fortemente romanzata, del direttore circense Phineas Taylor Barnum, interpretato da un energico Hugh Jackman.
I primi due minuti del musical sono puro intrattenimento: l’attacco del brano The Greatest Show ricorda molto la carica e l’energia di Moulin Rouge!, sebbene, subito dopo, il film si addolcisca troppa, stonando in maniera più o meno forte con i temi del diverso, del razzismo e del classismo. È palese quanto Gracey, alla sua prima esperienza alla regia, non sia perfettamente in grado di sostenere un mondo così colorato, eccessivo e magico com’è quello del circo. Se il prodotto fosse finito nelle mani di un regista come Luhrmann, probabilmente, il risultato sarebbe stato ben diverso. Altro debuttante, poi, è il coreografo Ashley Wallen che allestisce veri e propri saggi di danza più che vere coreografie, peggiorando il tutto con un uso eccessivo della CGI. Se ci si trova davanti a una regia e ad una coreografia “acerba”, il vero colpo di grazia è dato dalla sceneggiatura che non solo presenta una storia di una scalata al successo, già vista più volte nella storia del cinema, ma pecca fortemente nello stabilire un legame empatico tra i personaggi e il pubblico in sala.
L’unico elemento che salva parzialmente il fattore emotivo sono i brani composti da Justin Paul e Benj Pasek, vincitori di un Oscar per La La Land. Si tratta di motivi orecchiabili ma, forse a causa della mancanza di un leitmotiv, non memorabili come quelli del musical di Chazelle. In conclusione, è un peccato che The Greatest Showman sia un prodotto che ha visibilmente paura di rischiare. Non saranno certo un energico Jackman ed una colonna sonora piacevole a renderlo il grande musical che poteva essere sulla carta.
Sarah Shaqiri