L’angolo di Michele Anselmi

Una boccata di grande cinema, quello che vedi tutto d’un fiato senza consultare mai l’orologio, arrivò fuori concorso alla Mostra di Venezia 2019 con “The King” dell’australiano David Michôd, scritto insieme all’attore conterraneo Joel Edgerton e prodotto da Brad Pitt. Purtroppo non uscirà nei cinema, ma lo potete vedere direttamente su Netflix dal 1° novembre.
Il re in questione è Enrico V, che regnò in Inghilterra tra il 1413 e il 1422. Le sue gesta non sono una novità, specie nella variazione shakespeariana: da Laurence Olivier a Kenneth Branagh. Tuttavia questa nuova versione, lunga 133 minuti, non sfigura affatto nel confronto con le precedenti, perché è potente e sofisticata, brutale e psicologica, fosca e divertente.
Il principe Hal, ribelle e donnaiolo, vive tra il popolo, ha rotto col padre sovrano e non ha nessuna voglia di ereditare il trono. Ma gli eventi lo spingono a fare il gran passo e di colpo il giovanotto ventiseienne sfodera una grinta inattesa, un carisma saggio, di re che guarda alla pace. Se non fosse che il francese Carlo VI pare aver spedito un sicario per uccidere il nuovo sovrano inglese. Vero? Falso? Tutto congiura perché la mai sopita “guerra dei cent’anni” riporti gli eserciti sul campo; e così sarà, ad Azincourt, il 15 ottobre 1415, dove gli inglesi, inferiori di numero, batteranno con uno stratagemma i soverchianti francesi.
“Un re non ha amici: ha solo seguaci e nemici” sentiamo dire, e chissà se all’epoca esisteva davvero la parola “followers”. Invece il giovane re sa di poter contare sul premuroso John Falstaff, pronto a prendere il comando dell’esercito d’invasione. Storia e leggenda si mischiano in questo “The King”, barbaro quanto basta, ma scritto con cura, semplificando quel tanto che serve le dinamiche di corte e i contrasti delle corone.
Timothée Chamalet e Joel Edgerton sono Enrico V e Falstaff, l’uno magro e inflessibile, l’altro corpulento e sornione; mentre a sorpresa l’americano Robert Pattinson, non più vampiro, compare nei panni del vanitoso Delfino di Francia. Ricordo il commento di un collega francese, molto arrabbiato col film, all’uscita dalla proiezione veneziana: “C’est de la merde”. Francamente non direi.

Michele Anselmi