La Mostra di Michele Anselmi per Cinemonitor | 21

Diciamo la verità: fa un po’ sorridere l’americano Ben Affleck nei panni del vizioso conte francese Pierre D’Alençon, vanitosetto, coi capelli biondi che ricadono sugli occhi, il pizzetto senza baffi in tinta e una notevole predisposizione per le ammucchiate. D’accordo, trattasi di convenzione cinematografica, Hollywood non va tanto per il sottile; e tuttavia risalta agli occhi, anzi alle orecchie, l’inglese che inonda “The Last Duel”, il nuovo film di Ridley Scott presentato fuori concorso alla Mostra (prima che partisse in Sala Grande l’84enne cineasta britannico ha ricevuto il Premio Cartier – Glory to the Filmmaker Award).

“Based on a true events” recita una didascalia iniziale, infatti il giovane re francese Carlo VI autorizzò davvero “il duello di Dio” che oppose il 29 dicembre 1386 due valorosi capitani, un tempo amici e poi nemici giurati: il rude Jean de Carrouge e il colto Jacques Le Gris.

Il motivo del contendere? Le Gris fu accusato dalla moglie di de Carrouge, la bella e fino ad allora infertile Marguerite, di essere stata stuprata nel suo castello durante l’assenza della servitù. Accusa doppiamente rischiosa, per quei tempi: nel caso de Carrouges fosse rimasto ucciso “per volere di Dio” nella singolar tenzone, anche la sposa, a quel punto considerata responsabile di una menzogna, avrebbe fatto una brutta fine, addirittura esposta nuda e messa al rogo.

La vicenda, controversa, in seguito fu commentata anche da Diderot e Voltaire; ma il regista britannico, appoggiandosi a un copione scritto da Nicole Holofcener, Matt Damon e Ben Affleck, la usa per impaginare un kolossal in costume di 152 minuti, strutturato alla maniera di “Rashomon” (1950). Idea non nuova. Il film giapponese è stata rifatto più volte, pure in chiave western, e anche qui torna l’idea dei tre punti di vista, uno per capitolo, su quella violenza carnale. Il quesito morale è: chi dice la verità?

Il film, sontuoso ma un po’ freddo, si anima decisamente nel terzo movimento, quando parte “la versione di Marguerite” e gli eventi ci appaiono sotto una luce diversa, più ambigua e femminile, anche dolente, quasi espressione di uno strano gioco del destino, forse con una spruzzata di “MeToo” contro il potere dei maschi. E mi fermo qui per non rovinare la sorpresa.

Matt Damon, Adam Driver e Jodie Comer incarnano rispettivamente Jean de Carrouges, Jacques Le Gris e Marguerite, il primo dei vistosamente coperto di cicatrici sul viso e il corpo per farlo somigliare a un tosto cavaliere medievale. Spadoni, asce, mazze, picche, archi e frecce, lance di frassino, usberghi, cotte di maglia eccetera: tutto l’armamentario dell’epoca viene sfoderato, in un clima fosco e invernale, ben reso dalla fotografia di Dariusz Wolski.

Il regista ha già pronto un altro film, “House of Gucci”, quasi tutto girato in Italia; ma intanto questo “The Last Duel” uscirà il 14 ottobre, targato 20thCentury Fox. Del resto il tema sembra appassionare Scott: proprio con “I duellanti” debuttò nel 1977.

Michele Anselmi