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Le due ore che costituiscono i due episodi di lancio di The Young Pope suscitano discussioni, impressioni e suggestioni per via dello stile provocatorio (l’incipit in modo particolare punta a questo) tipico di Paolo Sorrentino, senz’altro non nuovo per il suo cinema, ma certamente inusuale per il panorama seriale italiano. Nonostante gli elementi distintivi (e spesso bistrattati) della poetica del cineasta partenopeo siano quasi tutti presenti, si pensi al grottesco, agli aforismi enfatici, alla dilatazione dei tempi che favorisce stacchi musicali, Sorrentino riesce a solcare un oceano di situazioni in cui l’azione è minima, stranamente senza appesantire né annoiare, grazie anche alle sensuali e oniriche immagini di Luca Bigazzi e a una serie di scelte di casting azzeccate, in particolare quello di Diane Keaton e James Cromwell.
Il papa Lenny Belardo di Jude Law inizialmente sembra un Mefistofele in Vaticano per poi rivelarsi qualcosa di diverso. Vive nella contraddizione di essere fondamentalmente un uomo di Chiesa che non ha un Dio in quanto orfano di entrambi i genitori e della propria patria. Trovandosi a ricoprire un ruolo di tale rilevanza, solo perché il Vaticano ha mire di marketing presso una “audience” più giovane, decide di giocare quella parte, come un divo pop, ma anche di non sottostare ai doveri e alle responsabilità che il segretario di stato Voiello gli sottopone. Il personaggio è interessante, ben caratterizzato e stimola la curiosità del pubblico. Silvio Orlando, non l’unico italiano del cast dà il suo meglio, ma in mezzo a tanti interpreti anglofoni si aliena così come aliena il suo auto-doppiaggio.
Furio Spinosi