L’angolo di Michele Anselmi | Scritto per Cinemonitor

Tom Cruise, 54 anni, è un bravo attore, anche eclettico e audace, però rischia di fare la fine di Sylvester Stallone. Costretto cioè a rovistare tra i successi passati per replicarli all’infinito. In attesa del sesto episodio di “Mission: Impossible” e del secondo “Top Gun”, Cruise ha ripreso in mano il personaggio di Jack Reacher, già incarnato nel 2012. Sempre tratto da un romanzo dell’inglese Lee Child, ecco questo “Jack Reacher – Punto di non ritorno”, che però sembra faticare un po’ dappertutto. In patria ha superato appena i 40 milioni di dollari al botteghino, in Italia siamo attorno a 1 milione e mezzo di euro (mercoledì sera, in una multisala romana, eravamo in sette).
Oddio, non è la prima volta che Cruise conosce alti e bassi del successo, ma alla fine ha saputo sempre rialzarsi, spesso producendo i suoi film d’azione, senza preoccuparsi granché dell’età che avanza e delle crescenti perplessità delle major hollywoodiane.
Per questo nuovo capitolo delle avventure di Jack Reacher ha richiamato alla regia l’amico 64enne Edward Zwick, col quale girò “L’ultimo samurai”, ed egli stesso autore di film notevoli come “Glory”, “Vento di passioni” e “Blood Diamond”. L’effetto non è dei migliori: sembra un poliziesco di serie B realizzato con molti soldi, e magari la scelta è voluta, il problema è che il “corpo cinematografico” del divo, per quanto muscoloso e tenuto in forma dalla palestra, comincia ad avvertire il peso degli anni, e si vede nelle scene di nudo. Meglio rivestirsi nelle prossime puntate, se ci saranno.
Jack Reacher è un ex maggiore Polizia militare americana: dopo aver lasciato l’esercito, ha intrapreso una vita di vagabondaggio attraverso gli Stati Uniti, libero dai vincoli e dai condizionamenti del “sistema”. Di solito, dopo aver fatto trionfare la giustizia o aiutato un amico in difficoltà, riprende il suo cammino senza meta. L’altra volta saliva su un pullman, stavolta lo vediamo fare l’autostop di spalle, in attesa che qualcuno lo tiri su.
La divisa d’ordinanza è un po’ sempre la stessa (con minime variazioni): jeans neri, t-shirt bianca, giubbetto di pelle. La sua frase preferita a chi gli chiede perché la mollato l’esercito è questa: «Diciamo che mi sono svegliato una mattina e la divisa mi stava stretta». Insomma un “lupo solitario” dal bagaglio leggerissimo che appare quando serve.
In questo caso, l’incipit è la cosa migliore del film, una doppia sfida: da un lato salvare da morte sicura il bel maggiore Susan Turner, appena finita in carcere con accuse infamanti di tradimento legato a un colossale traffico d’armi; dall’altro capire se una ragazza adolescente e ladruncola apparsa all’improvviso sia davvero la figlia che non sapeva di avere.
Nel complicarsi degli eventi, mentre un micidiale contractor gli dà la caccia minacciando di tutto e di più, Reacher si ritrova in fuga con la tosta Susan e la quindicenne Samantha, una specie di famigliola “sui generis”, tra sparatorie, pestaggi, imboscate e indagini giù a New Orleans nei giorni mascherati di Halloween. La resa dei conti sarà una faticaccia.
Azzerata ogni verosimiglianza, alla maniera della serie su Jason Bourne con Matt Damon, “Jack Reacher – Punto di non ritorno” offre tutto quello che ci si aspetta da film del genere: adrenalina, battute sarcastiche, corpo a corpo crudeli, mosse micidiali, arrampicate da brivido e psicologie azzerate (o quasi).
Tom Cruise, sempre doppiato da Roberto Chevalier, fa ancora la sua figura, ma non pare troppo convinto della storia; con lui la sexy-collega Cobie Smulders, la “figlia” Danika Yarosh e il sicario Patrick Heusinger. Nel dubbio, ci si diverte di più con “The Accountant”, starring Ben Affleck.

Michele Anselmi