Non siamo riusciti a resistere. E come ogni redazione di cinema, abbiamo tentato di fare il punto sull’anno appena trascorso, chiedendo ai nostri redattori di redigere una lista dei dieci film più significativi usciti nelle sale oppure visti nei festival e nelle rassegne durante il corso di tutto il 2012. Cinque collaboratori hanno espresso le loro preferenze, segnando quasi una mappa per orientarsi tra diverse sensibilità e tipi di cinema, dal film d’arte a quello di cassetta, senza snobismi e prese di posizione. I titoli più votati sono i seguenti: Amour (3 voti), Reality (3), Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato (3), Quasi amici (2), La guerra è dichiarata (2), Argo (2), Diaz – Non pulire questo sangue (2).

Alessandra Alfonsi:

1) Cesare deve morire (Un capolavoro dei fratelli Taviani, destinato ad ogni pubblico, che attualizza una tragedia shakespeariana affrontando i temi del potere, della libertà e dell’arte);

2) Amour (L’amore vero, semplice, assoluto, delicato, protettivo e puro. Il regista Michael Haneke filma una pellicola di estrema profondità, semplicità e sensibilità sull’amore: talmente vero, profondo e difensivo da trasformarsi in morte);

3) Diaz-La nave dolce (Due film, realizzati quasi contemporaneamente, che hanno il merito e il pregio di affrontare tematiche sociali e fatti di cronaca per risvegliare le coscienze, soprattutto italiane);

4) Reality (Una rilettura contemporanea e stravolta di Bellissima di Luchino Visconti in una Napoli colorita e mostrata in stile borbonico e vermeeriano. Memorabile sin dalla sequenza iniziale);

5) Bella Addormentata (Un racconto poetico che affronta i grandi temi della vita e della morte, inquadrandoli in una doppia cornice: quella narrativa dell’eutanasia e quella cinematografica del caso Eluana Englaro, raccontato solo attraverso immagini televisive);

6) Alì ha gli occhi azzurri (La conferma di un giovane regista romano, premiato meritatamente all’ultima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, un racconto pasoliniano sulle problematiche adolescenziali degli immigrati di seconda generazione);

7) Io e te (Il ritorno al cinema del Maestro Bertolucci: non è un capolavoro, ma la conferma di una delle figure più importanti e prestigiose del nostro cinema e del nostro Paese);

8) Romanzo di una strage (La ricostruzione della strage di Piazza Fontana realizzata da Marco Tullio Giordana per mantenere la memoria storica su uno dei periodi più bui ed oscuri della Repubblica Italiana);

9) Quasi amici (Il fascino delle commedie francesi, che quest’anno hanno saputo imporsi al botteghino, affrontando con dolcezza ed ironia profonde tematiche sociali);

10) Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato (Le favole cinematografiche, che, anche grazie al ricorso delle nuove tecnologie, sanno esaltare il potere del grande schermo di far sognare, divertire e fantasticare).

Victor Laszlo:

1) Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato (Un ritorno nella Terra di mezzo caratterizzato da una narrazione piacevole e da personaggi avvincenti, il tutto raccontato dal genio visivo di Peter Jackson);

2) Ralph Spaccatutto (Un’incursione nel mondo dei videogiochi arcade ricca di sentimenti, passione e citazioni colte nell’ambito, con personaggi più che riusciti e una storia classica ma non banale: il vero ritorno dell’Animation Studios);

3) The Motel Life (Graffiante, amaro, disilluso. Un film che mette a nudo e senza fronzoli gli U.S.A. dei dropout, senza buonismi inutili e con l’ausilio di intermezzi animati realizzati con una tecnica innovativa);

4) Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno  (La conclusione della trilogia dedicata all’uomo pipistrello, diretta da un Nolan in piena forma, seppure con qualche compromesso che non è stato digerito da chi il fumetto non lo ha mai letto);

5) Mental  (Una commedia dissacrante, scorretta e allo stesso tempo allegra, frizzante e ricca di sentimenti; di ispirazione autobiografica – particolare che ne aumenta il fascino);

6) La leggenda del cacciatore di Vampiri (Un film in bilico tra steampunk e fantascienza, ricco di azione e magistralmente diretto da un Bekmambetov più consapevole di sé. Potenzialmente inutile, si è rivelato ottimo nei fatti);

7) Quella casa nel bosco (Un omaggio all’horror che fu, un viaggio nel cuore degli stereotipi che ci hanno emozionato ed irritato negli ultimi trent’anni, il tutto racchiuso in un gioiellino raffinato, sceneggiato da Joss Whedon);

8) Hugo Cabret (Un capolavoro, una storia che sa commuovere, divertire e sognare, il tutto corroborato da una dimensione registica pulita ed eccellentemente equilibrata);

9) Vita di Pi  (La rivelazione dell’anno. Una pellicola densa di magia, spiritualità e coraggio: un film che colpisce, graffia ed entra nel cuore, impossibile non amarlo);

10) 1942  (La carestia che colpì l’Henan cinese raccontata attraverso un’epopea famigliare intrisa di realismo. Un film profondamente ispirato che trova il suo punto di forza nella minuziosa caratterizzazione dei personaggi).

Boris Schumacher:

1) Holy Motors (Folle, ipnotico, geniale, visionario, eccessivo, strabordante, caleidoscopico: sono solo alcuni degli aggettivi che vengono in mente dopo la visione dell’ultimo film di Carax. Un’opera immensa e pirandelliana, da vedere e rivedere, malinconica e nostalgica riflessione sulla Settima Arte e sul mestiere dell’attore. Qualcuno faccia subito un monumento a Denis Lavant, attore feticcio del cineasta francese, l’unico interprete possibile per un film del genere);

2) A Simple Life (Semplice e toccante, mai ricattatorio nonostante i temi trattati. Una vera e propria gemma realizzata da Ann Hui, autrice che ha contribuito in maniera fondamentale alla new wave di Hong Kong. Da applausi l’intensa interpretazione di Deannie Yip, Coppa Volpi alla 68ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Andy Lau, splendido coprotagonista del film, dimostra d’essere un attore completo, perfettamente a suo agio anche in pellicole dove l’azione e l’adrenalina lasciano il posto ai sentimenti più profondi);

3) Reality (Ci sono film di cui si percepisce l’importanza e la grandezza fin dai primi minuti. Qui, il piano sequenza aereo cattura immediatamente l’attenzione dello spettatore grazie all’incredibile perizia tecnica e alla portentosa padronanza di Matteo Garrone. Un finale altrettanto memorabil: in mezzo c’è tutta la paranoia e l’ossessione dei nostri tempi. Sublime il motivetto fiabesco composto da Alexandre Desplat);

4) Il primo uomo (Incredibilmente passato nel disinteresse generale, è un film raro e prezioso, girato con la semplicità e la classicità proprie dei grandi cineasti. Amelio padroneggia la materia con gran classe e raffinatezza, riuscendo a farci commuovere nonostante l’asciuttezza e la compattezza dello stile);

5) Moonrise Kingdom (Una favola a lieto fine, un romanzo di formazione agrodolce incentrato su due ragazzini fuori dagli schemi, sensibili e vitali, a differenza del mondo apatico e triste che li circonda. Il tutto ripreso con sguardo surreale ma partecipe da Wes Anderson, uno dei pochissimi autori al giorno d’oggi che è riuscito a costruire, film dopo film, uno stile unico e personale, riconoscibile a prima vista da ammiratori e detrattori);

6) Oltre le colline (Sorretto dalle drammatiche ed intense interpretazioni delle sue protagoniste e dalla suggestiva fotografia di Oleg Mutu, il regista rumeno ci regala una prova riuscita, rigorosa e convincente);

7) Beasts of the Southern Wild (Folgorante esordio nel lungometraggio del giovane autore newyorkese Benh Zeitlin. Presentato all’ultimo Festival di Cannes dove ha entusiasmato la critica, è il film rivelazione dell’anno);

8) 5 Broken Cameras (Un’opera, realizzata da un palestinese e da un israeliano – Emad Burnat e Guy Davidi, dall’alto valore artistico e documentaristico girata con una estrema povertà di mezzi, capace di toccarci nel profondo e di farci aprire gli occhi su una realtà, trascurata dai media occidentali, verso cui non si può e non si deve restare indifferenti);

9) Amour (Haneke non è mai stato tenero o indulgente nei confronti dello spettatore e anche stavolta non si smentisce. Per oltre due ore, volutamente sfiancanti, laceranti e logoranti, ci costringe ad assistere a questo dramma da camera abitato dai volti, dai corpi e dagli sguardi dolenti di due attori unici e immensi come Emmanuelle Riva e Jean-Louis Trintignant);

10) Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato (Dopo un inizio faticoso e un po’ prolisso, centra il bersaglio, scorre fluido nelle sue quasi tre ore e termina in crescendo grazie ad un finale epico e di grande impatto emotivo. In molti l’hanno stroncato ancor prima di vederlo).

Stefania Scianni:

1) Quasi amici (Un film delizioso sull’amicizia vera tra Driss e Philippe, provenienti da contesti sociali diametralmente opposti, eppure in grado di superare gli schemi che i loro mondi gli impongono. Un bricolage di vari generi che diverte e allo stesso tempo fa riflettere);

2) Diaz (Una delle pagine più tristi del “belpaese” raccontata con misura ed equilibrio dall’occhio attento di Daniele Vicari, che offre allo spettatore una lucida visione d’insieme prediligendo il coro piuttosto che il solista);

3) Venuto al mondo (Tratto dall’omonimo romanzo della Mazzantini, il film racconta una coinvolgente storia d’amore sullo sfondo di una Sarajevo sconvolta e ferita dalla guerra);

4) Gli equilibristi (A metà tra solitudine e amore, un eccezionale Mastandrea racconta la fine di un matrimonio in tempo di crisi, delineando la nascita di una nuova classe sociale costretta a lottare per sopravvivere);

5) Argo (La buona regia di Ben Affleck fa sì che un racconto non particolarmente dettagliato sulla rivoluzione iraniana del 1978 si riveli una visione gradevole e interessante);

6) La guerra e’ dichiarata (Uno straordinario stralcio di una storia vera narra la personale guerra che due genitori hanno vinto per salvare il piccolo Adam da un tumore al cervello);

7) Posti in piedi in paradiso (Un buon cast che racconta, con la consueta ironia alla Verdone, la vita di tre uomini alle prese con gli onori ma soprattutto con gli oneri di un divorzio);

8) La regola del silenzio (Un thriller complesso, firmato da Robert Redford, in cui passato e presente si fondono nelle indagini di un giornalista che porteranno alla caccia di un uomo accusato di omicidio);

9) Qualcosa nell’aria (Il fervore politico degli anni Settanta in Francia, tra dibattito culturale e idealismi, fa da cornice al racconto del turbolento passaggio di un adolescente all’età adulta);

10) Si può fare l’amore vestiti? (Un film fresco e leggero, ma non del tutto sviluppato, che racconta la storia di una sessuologa originaria del Sud che, costretta a tornare al suo paese dopo tanti anni, deve fare i conti con i retaggi della provincia).

Tommaso Tronconi:

1) Reality (Un’opera straordinaria che coinvolge e angoscia dal primo all’ultimo minuto. Felliniano sin nel midollo, così come saldamente imperniato su un verace e rude (neo)realismo, porta in scena l’eterno teatrino/Varietà della vita. Oltre il Grande Fratello, c’è il Grande Garrone);

2) Un sapore di ruggine e ossa (Un’opera densa, pastosa, ostica e ostile, amabile e dolce. Sul grande schermo una storia d’amore vigorosa e lancinante, che suscita shock prima che commozione, che scioglie la ruggine in noi e rompe le ossa del cuore);

3) La guerra è dichiarata (Un’opera sfaccettata, composita, un mosaico che fa del contrappunto e dell’eclettismo la sua seducente ed efficace chiave stilistica. Una pellicola dolorosa e dolente, fresca e brillante, che commuove e diverte, spacca il cuore a metà e lo ricompone con grazia materna);

4) Hunger (E’ il film-manifesto di un artista e cineasta da tenere d’occhio: Steve McQueen. Un’opera cruda, dura, che fa accapponare la pelle e sciabordare lo stomaco. Un’ode ai cinque sensi. Un esordio potente e prepotente come se ne vedono pochi in giro);

5) Argo (Dopo un buon film di genere che si svincola dal genere stesso, Gone baby gone, e un action movie come Dio comanda, The Town, un’opera matura, solida, granitica, di cuore e nervi saldi. Una di quelle pellicole che, forse facendo un passettino più lungo della gamba, ci fa affermare quanto Ben Affleck dietro la macchina da presa sia un “autore” sfaccettato e versatile);

6) Amour (Un kammerspiel di gran classe che ci sfonda sin dalla sequenza iniziale. La performance dei due protagonisti, Jean-Louis Trintignant e Emmanuelle Riva, è a dir poco eccezionale. Una grande opera che spiazza nel profondo, che non fa sconti, colpisce basso, nella nostra parte più umana, fino alla nudità dell’anima e del corpo);

7) Quasi amici (Francese d’origine, non francese nei toni, è un film dal respiro “europeo”, eclettico, capace di mischiare intonazioni e umori, frammenti di genere e semplice profondità dei contenuti. Molto di più di un semplice successone al botteghino e del riduttivo appellativo di “commedia”);

8) L’intervallo (Ligio alle tre unità aristoteliche di tempo, luogo e azione, è uno spaccato di vita sincero e sentito, intimo e per tutti, che parte in sordina per poi abbracciarci. Un piccolo grande entr’acte nel vero senso della parola, proprio come lo è il Cinema nel nostro panta rei quotidiano);

9) L’arte di vincere (Un film che non ha fretta di correre da una base all’altra, ma santifica l’attesa, se la gode, ci s’adagia. Un film introspettivo, che si prende i suoi tempi per condurci nell’essenza del baseball tramite un personaggio straordinario e una sceneggiatura coi fiocchi);

10) La sposa promessa (Un film delicato e raffinato sull’eterno scontro tra legge del cuore e legge della famiglia. Una vicenda con l’impianto di una lieve e levigata tragedia greca, priva però, e per fortuna, di toni melodrammatici o patetici. Giusta e meritata la Coppa Volpi femminile alla giovane Hadas Yaron a Venezia 69).