L’angolo di Michele Anselmi 

Il titolo con le tre paroline in inglese – “The Last Dance” – sembra promettere saggiamente la fine del ciclo dedicato a Magic Mike, il dolce e muscoloso “stripper” nato nel 2012 dalla collaborazione tra l’attore Channing Tatum, memore di esperienze giovanili sul campo, e il regista Steven Soderbergh. Confesso di non aver visto il secondo episodio, 2015, diretto da Gregory Jacobs e intitolato “Magic Mike XXL”, ma credo di non essermi perso granché; adesso che l’impertinente materia è ritornata in mano al regista che fu rivelato da “Sesso, bugie e videotape” si può stare al gioco, pur sapendo che non avrebbe senso raschiare oltre il fondo del barile.
Soderbergh è regista prolifico ed eclettico, pure sperimentatore, in tre anni ha girato quattro film, nonostante la pandemia, quasi tutti in economia, da “Lasciali parlare” a “No Sudden Move” e al recente “Kimi – Qualcuno in ascolto”; questo nuovo invece è targato Warner Bros, che infatti lo lancia nelle sale di tutto il mondo (da noi giovedì 9 febbraio) sperando di ripetere il miracolo di un decennio fa, quando il primo “Magic Mike” incassò 154 milioni di dollari.
Soderbergh, il quale firma come sempre anche la fotografia sotto lo pseudonimo di Peter Andrews, deve aver pensato che ci fosse ancora qualcosa da raccontare sul tema, organizzando una trasferta a Londra, sempre utile quando c’è da ironizzare sui due popoli, americani e inglesi, “divisi” dalla stessa lingua (inutile dire che nella versione doppiata tutto si perde).
La storia comincia a Miami, dove ritroviamo Mike Jeffrey Lane, uscito squattrinato da una parentesi nel mondo della finanza, intento a fare il barista in un party esclusivo di beneficienza. Una disinvolta fanciulla, da lui assaggiata anni prima in un numero di “danza”, lo segnala alla padrona di casa, la ricca Maxandra Mendoza, che decide di sborsare 6.000 dollari per sondare le qualità dell’ex ballerino/spogliarellista. L’eccitante numero coreografico convince la popputa cinquantenne a offrire a Mike un lavoro a Londra, per un mese.
Perché proprio lì? Lei, che sta divorziando da un facoltoso e impomatato inglese, vuole rilanciare il prestigioso Rattigan Theatre con qualcosa di esplosivo al posto dell’usurata pièce vittoriana “Isabel Ascendant”; e che cosa c’è di meglio di una decina di ballerini acrobatici, tutta dotati di “tartaruga” e buoni dosi di testosterone, per rovesciare la situazione?
“Magic Mike – The Last Dance” maneggia il desiderio erotico femminile partendo da una premessa maschile che fa simpatia: “L’atto più sexy di sottomissione è chiedere il permesso”. Sono infatti i ballerini a mettersi al servizio, sotto la regia finto naive di Mike, delle donne anche agé invitate a un’avventurosa prima dello show, mentre tutto sembra complicarsi, incluso l’amore tra lui e la maliarda. Il ballo, esplicito e lubrificato per bene, farà il resto.
Tra autocitazioni e strizzatine d’occhio al teatro di Terence Rattigan, il film vive di bozzetti british, mosse sensuali, schermaglie amorose e un pizzico di lotta di classe. Tutto prevedibile e già visto, e forse il “Gran Finale” non è poi così eclatante. Ma Soderbergh sa gestire con garbo il trionfo muscolare e la malizia degli sguardi, lasciando che Channing Tatum e Salma Hayek scoprano strada facendo, nonostante la differenza d’età, quanto un certo tipo di ballo figurato possa essere propedeutico al buon sesso e magari all’amore.

Michele Anselmi