“L’uomo invisibile” di Leigh Wannell è uno dei film rimasti bloccati dalla pandemia del Covid – 19. L’uscita al cinema prevista per il 5 marzo, poi bloccata, ha fatto sì che il film fosse distribuito soltanto in home video alcune settimane dopo. Il volume “L’uomo invisibile di H.G. Wells”, che Luigi Cozzi ha curato per le edizioni Profondo rosso, propone il romanzo originale e una approfondita disamina della maggiore trasposizione cinematografica, vale a dire quella di James Whale. Ne abbiamo parlato con Cozzi, in un dialogo a tutto tondo sulle proposte della gloriosa casa editrice romana.

Qual è l’importanza di un film come “L’uomo invisibile” nella storia del fantastico?

Luigi Cozzi: Il film del 1933, che è un vero e proprio capolavoro del cinema fantastico coniugato con l’umorismo nero, è, insieme a “La moglie di Frankenstein” del 1935, il miglior film diretto da James Whale, un grande regista inglese che in America ha in pratica creato da solo due dei più grandi mostri del cinema e dell’Universal, la società che ha prodotto quelle pellicole. Whale è stato anche il regista del primo “Frankenstein” con Boris Karloff, che è stato il film che nel mondo ha incassato di più durante il 1931. Il successo straripante di quelle opere di Whale è dovuto al fatto che lui non ha realizzato delle semplici storie dell’orrore, ma delle pellicole estremamente raffinate dotando i suoi ‘mostri’ di una precisa personlità, faccendone in pratica dei ‘diversi’, e per questo rifiutati dalla società umana normale e quindi desiderosi non di una vendetta, bensì di una riconsiderazione. Questo riflette la posizione stessa di Whale, che era considerato a Hollywood come un personaggio ‘al limite’ per via delle sue anticonformistiche tendenze sessuali. E l’ostracismo sociale del quale è stato a lungo oggetto ha spinto questo regista a simpatizzare per i suoi ‘mostri’, rendendoli più umani e quindi più vicini al pubblico, pur nella loro, solo apparente, totale ‘diversità’. Insomma, Whale non era solo un regista dell’orrore per l’orrore fine a se stesso, ma un autore raffinato e molto, molto più carico di significati ed evoluto. Un grande autore, insomma.

Quali sono le caratteristiche salienti di questo assoluto mito del fantastico? Possiamo parlare delle personalità che stanno dietro al successo del film del 1933…

L.C.: “L’uomo invisibile” del 1933 è una delizia ancora oggi, una storia assolutamente credibile con personaggi resi perfettamente per illustrare la tesi che forse il vero mostro non era il protagonista, colpevole solo di essere un ‘diverso’, ma le persone che gli ruotavano intorno, grette, avide, stupide, meschine, falsamente perbeniste e solo interessate. La chiave del film poi è la regia ispirata di Whale, che tratteggia un descrizione della piccola provincia inglese assolutamente sarcastica e acida, e la perfezione dei trucchi dell’invisibilità opera del tecnico John Fulton, davvero geniale nell’escogitare soluzioni tecniche che lasciano anche lo spettatore di oggi a bocca aperta per lo stupore.

Con questo romanzo di Wells continua la tua opera di riscoperta e nuova proposta sul mercato di classici della letteratura fantastica, cui dai nuova linfa grazie a traduzioni e edizioni molto curate. A questo proposito, credi che ci sia una certa perdita di memoria all’interno dell’ambiente librario italiano? Penso anche alla pubblicazione di molte Weird Tales che stai portando avanti con la tua casa editrice…

L.C.: A me piace molto il genere ‘weird’ tradizionale o classico, che è pieno di perle ancora inedite sul mercato italiano, e quindi cerco di pubblicarle appena mi è possibile, come ho fatto finora con opere notevoli di Jean Ray, Maurice Renard e Seabury Quinn, giusto per citarne alcuni. L’orrore moderno invece mi sembra troppo commercializzato e composto prevalentemente da una grande massa di libri che sono proprio e solo ‘usa-e-getta’, con rare eccezioni.

La formula combo romanzo + approfondimento critico è inedita per la nostra editoria. Com’è nata l’idea e quali sono gli altri volumi assimilabili? Penso ad esempio al bel volume che hai dedicato a “Metropolis”…

L.C.: La formula romanzo classico più la storia dei film che ne sono stati tratti negli anni è una mia trovata, perchè spesso oggi la gente conosce di più i film che le opere letterarie dalle quali le pellicole sono state ricavate. E sto continuando a fare questo abbinamento, in uscita per Natale c’è “La guerra dei mondi” di Wells con tutti i film e le serie tv che ne sono state tratte, poi verrà un romanzo di Salgari con la trattazione di tutti i film ricavati dai suoi libri, etc etc. Insomma, questa serie di volumi particolari mi piace e spero di poterla continuare a lungo.

Oltre ai saggi di critica cinematografica, piatto forte del vostro catalogo, e ai romanzi, Profondo rosso pubblica da anni volumi di archeologia misteriosa. Possiamo parlare di questo?

L.C.: Per circa dieci anni ho diretto due riviste da edicola mensili che trattavano di vari misteri insoluti e dell’archeologia misteriosa. Poi mi sono dedicato a stampare con una collana libraria della Profondo Rosso anche i testi più celebri sugli enigmi del passato dell’umanità e su certi assurdi paradigmi di una parte dell’archeologia. Pochi in Italia sanno per esempio che la storia delle prime civiltà viene raccontata in America in una maniera totalmente diversa da quella ricostruita qui in Europa, e io pertanto cerco di portare nella nostra lingua testi d’oltre Oceano seri e ben documentati che sono in aperto contrasto con certe tesi predominanti nei nostri ambienti accademici di vecchio stampo. Testi importanti ma finora inediti qui in Italia, tanto per capirci, quali “Le mappe delle civiltà perdute” o “Mondi in collisione”, che vantano, non a caso, introduzioni scritte da studiosi come Albert Einstein.