L’angolo di Michele Anselmi 

Aveva ragione l’amica attrice che me la segnalò caldamente. “Totenfrau – La signora dei morti” è una miniserie da vedere, se piace il genere thriller color rosso sangue ma immerso nella neve (sei puntate di circa 50 minuti l’una, su Netflix). Il titolo è in tedesco perché siamo in Austria, tra le maestose montagne tirolesi, nel paesino di Bad Annenhof, supposto ridente dove, invece, ne capitano di tutti i colori. Pare evidente che ci sarà una seconda stagione, non fosse altro perché il romanziere Bernhard Aichner ha scritto una trilogia letteraria sul tema, venduta in circa trenta Paesi.
Di sicuro il regista Nicolai Rohde, circondato da uno stuolo di sceneggiatori, offre un menù all’altezza del titolo: morti, misteri, delitti, torture, menzogne, deviazioni sessuali, maschere da animali, snuff-movies, circoli perversi, vendette brucianti… Tutto ruota attorno a Blum, una quarantenne impresaria di pompe funebri che ha casa e bottega sulla strada che porta al paesino in questione, non troppo lontano da Innsbruck.
Mamma di due figli, con suocero a carico, la donna vede morire sotto i suoi occhi il marito poliziotto, investito da un Suv nero mentre va al lavoro in motocicletta di prima mattina. Sembra un incidente, ma qualcosa non torna, e Blum, memore delle inquietudini recenti dell’amato compagno, annusa subito quel qualcosa. Sarà l’inizio di un’investigazione personale, molto molto rischiosa, perché dietro quella morte si annida un groviglio di pulsioni criminali, complicità antiche e affari sporchi.
Non ha senso dire di più, per non rovinare la sorpresa, anzi le sorprese: che sono tante, non tutte prevedibili. Certo “Totenfrau” non è per stomaci delicati, anche se dopo “Dexter” siamo tutti abituati, o quasi, ai tavoli di anatomia, ai corpi da incidere o fatti a pezzi e incellofanati, al pallore dei cadaveri, al macabro che ci circonda, eccetera. Qui, in più, c’è che Blum chiede consigli ai poveretti appena spirati, come se custodisse un legame intimo, profondo, compassionevole, con alcuni di essi, e quelli rispondono, parlano. Da qui il titolo.
Anna Maria Mühe mi sembra, meglio se ascoltata in tedesco con i sottotitoli, una Blum perfetta: non bellissima ma sensuale, tosta e motociclista, custode di un segreto atroce, capace di muoversi tra i vivi e i morti con la stessa lucida determinazione, fino a trasformarsi in una furente vendicatrice che darebbe del filo da torcere anche al Denzel Washington di “The Equalizer”.

Michele Anselmi