L’angolo di Michele Anselmi | Scritto per Cinemonitor

È il film che in parecchi, a partire da Paolo Sorrentino, pensavano fosse più indicato di “Fuocoammare” per rappresentare l’Italia nella corsa all’Oscar. Non è andata così per un voto, come si sa, ma intanto “Indivisibili” di Edoardo De Angelis, napoletano, classe 1978, approda nelle sale giovedì 29 settembre, targato Medusa, dopo l’anteprima festosa alle veneziane Giornate degli autori.
Già regista di “Mozzarella Story” e “Perez”, De Angelis ama bazzicare i posti da cui proviene, in una chiave fosca e romantica, un po’ alla maniera del Matteo Garrone di “Reality”. E quindi: ambienti degradati da Litorale Domizio, un po’ di camorra/gomorra, statue dei santi, piscine vuote, preti invasati, ricchi viziosi, cocaina, superstizione, kitsch sfrenato, eccetera. Le indivisibili del titolo sono due gemelli siamesi, Dasy e Viola, dotate di bella presenza e limpida voce. «Io, tu, noi / indivisibili / un po’ volubili» cinguettano nel loro cavallo di battaglia, che va forte ai matrimoni e nelle feste. Peccato che le due, più che ad Anna Tatangelo, pensino a Janis Joplin: il loro sogno, infatti, è intonare “Mercedes Benz”.
Un po’ celebrità locali e un po’ fenomeni da baraccone in stile “Freaks”, Dasy e Viola rappresentano una garanzia per l’intera famiglia, che infatti vive con discreto agio sulle spalle delle due fanciulle, a partire dal padre giocatore e dalla mamma tossica. Dunque: meglio che restino così, unite per quel lembo di pelle, sarebbe un danno per tutti dividerle, anche se un chirurgo non nutre dubbi sull’esito positivo dell’operazione. Ma servono 30 mila euro, e quei soldi sembrano evaporati.
Il film, avrete capito, è la storia di una separazione possibile: fisica e mentale insieme. Perché entrambe le fanciulle (più una delle due, in verità) aspirano a un’esistenza normale, disgiunta, non più “di coppia”: per viaggiare, ballare, ubriacarsi, fidanzarsi, fare l’amore…
Le storie di gemelli sono un classico al cinema, spesso all’insegna della paura, da “Le due sorelle” di Brian De Palma a “Inseparabili” di David Cronenberg. Il nostro De Angelis, invece, punta sul ritratto rugginoso di una devastazione che si direbbe morale e antropologica, e per contrasto idealizza la confusa ribellione di quelle due adolescenti in cerca di una vita diversa, autonoma l’una dall’altra, pur sentendosi così intimamente connesse. Quando si fa avanti un losco produttore discografico dedito al allestire viziosi festini su una barca a vela tutto sembra precipitare, in ogni senso.
“Indivisibili” gode, sin dalla presentazione veneziana, di una nutrita fortuna critica, pure di un favorevole movimento d’opinione. Certo De Angelis sfodera uno stile personale, di forte composizione estetica, nel raccontare la “mostruosità” che si annida in quelle contrade consumiste e sgarrupate, le vie contorte della Fede miracolosa, il dilemma sororale che presiede alla separazione chirurgica. E tuttavia: se le due giovani protagoniste, Angela e Marianna Fontana (Dasy e Viola), risultano fresche e spontanee, non tutto torna nella recitazione colorita, sopra le righe, dai tratti grotteschi. Alla fine, a parere di chi scrive, il film si avvita su se stesso, in un trionfo di sfondi lerci, dialoghi scuciti e affondi dialettali, fino a un sospetto di involontario ridicolo nella sequenza dell’orgia marina. PS. Francamente capisco perché Alberto Barbera non l’abbia voluto in concorso alla Mostra.

Michele Anselmi