L’angolo di Michele Anselmi
In concorso alla Mostra di Venezia del 2020, quella messa su in fretta dopo il lockdown, il film polacco “Non cadrà più la neve” non piacque granché ai critici. Molti storsero il naso. Io invece lo ricordo con notevole interesse. Adesso, martedì 9 novembre, esce nelle sale e contemporaneamente sul canale digitale Iwonderfull (Prime Video) con I Wonder Pictures, e non saprei dire che chance commerciali abbia, ma se vi piace il cinema che viene da quelle parti, be’ andrebbe visto di sicuro. Lo firma la regista Małgorzata Szumowska, della quale si vide da noi il precedente e un po’ blasfemo “Un’altra vita – Mug”, stavolta insieme allo sceneggiatore e operatore Michał Englert. Trattasi di film enigmatico, a suo modo estetizzante, a tratti lezioso e depistante, diciamo pure sospeso, ma animato da una strana suggestione che s’impone strada facendo e cattura lo spettatore.
Un atletico massaggiatore ucraino cresciuto nei dintorni di Chernobyl, sicché tutti gli chiedono se sia radioattivo, gira a piedi col suo lettino portatile e gli oli necessari. I danarosi clienti di Zhenia vivono tutti in un comprensorio esclusivo subito fuori Varsavia, fatto di linde villette a schiera un po’ alla maniera di Tim Burton; ma ciascuno di essi custodisce una nevrosi, un desiderio, un’ossessione, un’infelicità. Come un pranoterapeuta dell’anima, l’uomo dell’Est entra nelle vite di queste persone, agendo quasi come uno specchio delle loro fantasie.
Ma qual è il segreto di Zhenia? Perché è così dolcemente rassicurante? E quel bosco magico esiste davvero? Il titolo allude alla “profezia” secondo la quale dopo il 2025 non nevicherà più in Europa, ma consiglio di non prenderlo sul serio. Il meglio del film, nel quale riecheggia forse qualcosa del pasoliniano “Teorema”, sta nel palpito, tra buffo e tragico, evocato dalla regista, nella cognizione del dolore che traspare dal volto impassibile, a volte quasi ebete, del protagonista Alec Utgoff, s’intende molto desiderato dalle donne e non solo durante le sue visite a domicilio.
A suo modo, come bene ha scritto la collega Marzia Gandolfi su MyMovies.it, il film è anche “uno sguardo corrosivo sulla Polonia trent’anni dopo la caduta del comunismo”. Aggiungerei solo: in forma di opera buffa tendente al triste.
Michele Anselmi