Tutti per uno | Una pallida favola moderna sull’immigrazione    

2067. Milana, di origine cecena, ricorda la sua infanzia. Nel 2009 era una piccola clandestina entro i confini francesi. Il suo compagno di scuola, Youssef, è già stato espulso. Ora la stessa sorte tocca a lei. Ma aiutata dalla sua “banda” di piccoli amici e da Cendrine, mamma del suo best friend Blaise, inizierà una battaglia contro lo Stato per non dover abbandonare il Paese. Dodici anni dopo A mort la mort!, Romain Goupil, già assistente di Godard e Polanski, torna dietro la macchina da presa per raccontarci una storia d’immigrazione, tema tanto caro e “di moda” nella Francia recente di monsieur Sarkozy. Tutti per uno è una favola moderna dove un manipolo di scugnizzi si ribella ad una strega cattiva, che qui prende le sembianze della Legge francese. Una buona idea sviluppata però con luci e ombre. Infatti non bastano alcune trovate divertenti o la simpatica vocina della sorella minore di Blaise a tenere alta l’attenzione del pubblico. La regia di Goupil è piatta, non dà il respiro che dovrebbe ad un film che quindi si riduce ad avere il fiato corto. Esclusa la spontaneità dei piccoli attori e il sincero sentimentalismo che scaturisce dai loro volti, la prova degli attori adulti risulta glaciale, apatica, sospesa. In primis la performance di Valeria Bruni Tedeschi, la quale rimane nel guscio della sua voce fastidiosamente squillante e nel suo sguardo perso e a-vitale.

Pur ricordando per la tematica il vibrante e struggente Welcome di Philippe Lioret, Tutti per uno non ne possiede la stessa carica drammatica. E pur sottolineando il potere di speranza e sana ribellione che alberga nelle nuove generazioni con lo sguardo verso un futuro migliore, la sceneggiatura non mette alla berlina la discutibile legge francese sull’immigrazione come ci si aspetta prima dello spegnimento delle luci in sala. Rimane una favoletta utopica che si fa reale solo a tratti. Senza dubbio le scene di aggressività della polizia sui bambini, interrogati in questura col fiato sul collo e mani in faccia come fossero criminali, danno qualche brivido, ma non sono sufficienti a farci uscire indignati. Forse solo un po’ impauriti. Ma anche l’originale idea di condurci dal 2067 al 2009 attraverso un lungo (e quasi ininterrotto) flashback rimane allo stato embrionale, incompiuta. Così, ad esempio, non sappiamo se, nella mente di Goupil, tra più di 50 anni la Francia avrà ancora la stessa legge. Un buono spunto neppure accennato, che avrebbe certamente messo del pepe in un’opera che rimane insipida, scotta. Romain Goupil prende quindi in mano una vicenda bella, ma non riesce a svilupparla con incisività, non riesce a colpirci allo stomaco. Tutti per uno ha la consistenza di un pugno infantile, che lascia sulla nostra pelle solo un livido pallido pallido.
 
Tommaso Tronconi