Per i tipi di Caissa Italia, è in libreria “Twinology. Letteratura e rock nei misteri di Twin Peaks” di Marco Zoppas (Caissa Italia), che ripercorre gli spunti offerti dai testi letterari e dai brani musicali che hanno influenzato o sono stati influenzati dalla serie capolavoro di David Lynch e Mark Frost. Ne abbiamo parlato con l’autore.
Nella composizione del testo, trovi nella figura della digressione il contatto più diretto con la poetica di Lynch. Quanto è voluto questo procedimento di composizione?
Marco Zoppas: Premetto che sono innanzitutto un dylanologo, e in quanto tale cerco di tuffarmi nelle canzoni e nei testi di Bob Dylan per trovarci delle interpretazioni. Qualcosa di simile fanno gli appassionati di Twin Peaks, alla ricerca dei significati più reconditi della serie TV. Da qui deriva infatti il titolo Twinology, un gioco di parole con “Dylanology”. Ravviso comunque una differenza sostanziale tra Dylan e David Lynch: ho l’impressione che Lynch non abbia grande fiducia nelle parole, come se fossero menzognere o non fossero quello che sembrano. Quindi forse il metodo migliore per accostarsi alla sua arte è quello di sfiorarla, di non prenderla di petto, di lasciarsi guidare dalle suggestioni, dalle coincidenze e dal non detto, un po’ come fa l’agente Cooper per risolvere il caso di Laura Palmer.
Risulta interessante l’equilibrio che “Twinology” riesce ad avere man mano che procede di capitolo in capitolo: il mondo di Twin Peaks, benché non risulti mai un pretesto, diventa quasi un luogo mentale per parlare d’altro, passando anche attraverso le varie teorie del complotto a fare da spartiacque tra rock e letteratura…
M.Z.: Hai detto bene, Twin Peaks è un luogo mentale! Quanto mi piace questa definizione… Sarebbe sin troppo facile per me cominciare a parlare di universi paralleli e cose del genere, ma cercherò di censurarmi e non partire per la tangente. Va detto comunque che il la al discorso sulle teorie del complotto viene dato dai libri di Mark Frost, coautore di Twin Peaks insieme a Lynch. È lui che introduce senza veli, in maniera esplicita, i temi che riguardano Aleister Crowley, Scientology, l’esoterismo, la massoneria, i servizi segreti e molto altro ancora. Tutti argomenti con cui la musica rock è sempre andata a nozze, e non poteva non essere così visto che sin dalle sue origini uno dei miti fondamentali è proprio quello del patto col diavolo presso il leggendario crocevia del Mississippi. I rapporti tra musica rock e le agenzie di intelligence poi meriterebbero un libro a parte. Alcuni autori se ne sono già occupati, e qualche accenno lo si trova in Twinology. Per quanto riguarda la letteratura ritengo di aver trovato validi corrispettivi tra David Lynch e lo scrittore giapponese Murakami Haruki. Entrambi non temono l’ignoto e l’inspiegabile, anzi ti conducono per mano su questi sentieri finché quello che prima ti sembrava essere pura assurdità diventa quasi normale o perlomeno plausibile.
La serie “Twin Peaks – Il ritorno” così come i due tomi “Le vite segrete di Twin Peaks” e “Twin Peaks. Il dossier finale” del poco celebrato Mark Frost spostano – ci piaccia o meno – su un altro asse la serie classica. Se la nuova serie rende più comunemente d’autore il tono generale, le storie raccontate da Frost nei due libri espandano di moltissimo un universo che prima aveva una sua misura in sé perfetta. Cosa ne pensi?
M.Z.: Venticinque anni dopo Frost e Lynch hanno avuto coraggio, non hanno riproposto una minestra riscaldata e si sono avventurati nelle potenzialità della loro storia perfetta. In fondo la perfezione stanca. Se non avessero accettato la sfida, può darsi pure che non avrebbero mai prodotto un capolavoro come l’episodio 8 di Twin Peaks: Il Ritorno. Semmai mi chiedo se la terza serie, riproposta 25 anni dopo le prime due, sia riuscita a conquistare un pubblico nuovo che nulla sapeva delle prime due serie. Ma questo è un altro discorso. Posso comunque dirti che non mi sarei mai sognato di scrivere un libro come Twinology se non avessi prima letto i due tomi di Mark Frost da te citati. Il fatto che l’universo di Twin Peaks si sia espanso personalmente mi ha galvanizzato. Questi sono forse discorsi da fanatici, ma oramai – grazie ai due tomi e alla terza serie – siamo entrati in un universo che va al di là della televisione, del cinema e diventa quasi mitologico.
Ogni puntata della nuova serie si chiude con un’esibizione, a conferma dell’amore di Lynch per il mondo sì della musica, ma anche della “rappresentazione” e della “messa in scena” (dal teatro nel termosifone di “Eraserhead” alla Rossellini che canta “Blue Velvet” nel film omonimo fino al Club Silencio di “Mulholland Drive”, la lista è lunga) che è quanto di più vicino ci sia al sacro, forse al magico… Una sfumatura questa a cui dai molta importanza nei vari capitoli…
M.Z.: Giuro di aver letto più o meno le seguenti parole pronunciate da Leonard Cohen in un’intervista che purtroppo, nonostante ripetuti tentativi, non riesco più a rintracciare: “un giorno le nostre canzoni verranno comprese per quello che effettivamente sono, parti di una nuova religione”. Sì, forse è giunto il tempo di allontanarsi dallo stereotipo “droga sesso e rock’n’roll” e privilegiare l’aspetto sacrale delle esibizioni rock. Non sono un esperto di cinema e a costo di dire qualche imbecillità voglio sostenere che Lynch è l’erede di Federico Fellini. Sto lentamente riguardandomi i film di Fellini e quelle che tu definisci rappresentazioni e messe in scena all’interno di un film – uno spettacolo nello spettacolo – esistono già in Roma e La Città delle Donne, per esempio. Certo, il teatrino della Barafonda omaggiato da Fellini in Roma è ben lontano dalle raffinatezze del Club Silencio in Mulholland Drive, da te citato…Semmai, a proposito di magia, mi viene in mente un’altra cosa. Il titolo del film di Lynch omaggia una celebre strada di Los Angeles che deve il nome all’ingegnere idraulico William Mulholland. Nella scena del Club Silencio un prestigiatore allestisce uno strano spettacolo d’illusionismo. Non è la prima e unica volta che Lynch si sofferma sui trucchi di magia. Nella prima serie di Twin Peaks un ragazzo fa scomparire nel nulla la crema di mais da un piatto. In Twin Peaks: Il Ritorno un boss malavitoso di nome Red lancia in alto una moneta che resta a lungo sospesa in aria, poi ricompare nella bocca di un secondo personaggio, il figlio di Audrey Horne, e poi di nuovo nella mano del boss. Che Lynch intenda omaggiare John Mulholland, il re dei trucchi con le monete, l’illusionista erede di Houdini che insegnò l’arte dell’inganno ai servizi segreti americani durante la Guerra Fredda? La butto lì per ora, è un tema che non ho finora approfondito.
Come nasce il progetto del libro pubblicato da Caissa Italia?
M.Z.: Da un incontro casuale tra me e Yuri Garrett, direttore di Caissa Italia, durante un’edizione della fiera Più Libri Più Liberi a Roma. Nel suo stand c’era in bella vista I’m Your Man di Sylvie Simmons, una biografia di Leonard Cohen che avevo adorato. Non ho resistito alla tentazione di fare quattro chiacchiere con Yuri, e penso che tra noi sia scattata una certa simpatia. Qualche mese dopo avevo voglia di disintossicarmi e non scrivere più di Bob Dylan ma non volevo smettere di occuparmi di musica, benché da un punto di vista diverso. Ho pensato che Twin Peaks potesse essere un ottimo spunto, e Caissa Italia ha accettato di condividere questo piccolo viaggio insieme a me. A Yuri Garrett e alla sua casa editrice va la mia riconoscenza.