Bello, coinvolgente ed emozionante. Questo è U2 3D. L’esperienza di un vero concerto racchiusa tra le mura di una sala cinematografica. Un modo per tutti coloro che hanno sempre desiderato vedere gli  U2 in concerto ma che finora non hanno potuto.

 Il film,realizzato durante il Vertigo Tour del 2007, con la regia di Catherine Owens e Mark Pellington, è stato prodotto in collaborazione con la National Geographic e presentato due anni fa a Cannes, dov’era stato accolto calorosamente. Un successo che ad oggi si può dire fu del tutto meritato.  Al tempo però i cinema mondiali non erano ancora attrezzati per il 3D e quindi l’uscita del “docu-concerto” è stata messa in stand-by. Questo soprattutto perché a farla da padrone in questo film è il 3D, oltre la musica, oltre a degli “animali da palcoscenico” quale sono gli U2. È la tecnologia 3ality Digital a renderlo speciale, regalando allo spettatore un effetto realtà che lo coinvolge tanto da dimenticarsi di essere in un cinema fotografando lo schermo della sala quasi stesse assistendo al concerto dal vivo. Ciò che rende questo film impagabile è la sensazione di essere a un palmo di mano da Bono Vox , di vivere il calore del loro pubblico quasi fossimo al loro fianco, così vicini da poterli toccare. A rendere ancora più affascinante il tutto è stato lo studio delle immagini. I due registi hanno giocato brillantemente con le parole, le foto, le coreografie del concerto, fintanto che a volte sembravano uscire dal maxischermo del palco per interagire con lo spettatore in sala.
Nel vedere questo film però viene spontaneo chiedersi se questo potrebbe essere, anche nell’immediato futuro, un nuovo genere per il cinema. Un modo per estendere la dimensione della musica live ad un pubblico più vasto di quello che può contenere un intero stadio . Quel che è certo è che la musica è una grande fonte d’ispirazione per il cinema. Oltre ad essere un importante pezzo del mosaico che compone ogni film e che ha contribuito al successo di molti di questi, la musica, e soprattutto i suoi artisti, le sue storie, sono sempre più ispirazione per nuovi film o documentari destinati al grande schermo. Ad esempio ii Rolling Stones “Stones in Exile” e precedentemente con “Shine a Light” . Il primo, presentato quest’anno a Cannes,  è stato diretto da Stephen Kijak e ripercorre la realizzazione di uno degli album più famosi della band “Exile in Main Street” ,recentemente ripubblicato con l’aggiunta di alcuni brani inediti. “Shine a light” invece fu  presentato nel 2008 al festival di Berlino, e nacque dalla passione di Martin Scorsese per la storica rock band britannica. Il regista italo-americano non è nuovo a questo genere di documentari, spesso ha fatto della musica ispirazione, come per in “The Last Waltz” e “From Mali to Mississippi”. È stato tra i curatori del film-documentario del 1970 “Woodstock” ,sull’omonimo concerto, e fu ideatore di un progetto promosso dal Senato degli Stati Uniti sulla realizzazione di sette opere monografiche sull’epopea del blues. Infine diresse nel 2005 il film biografico sulla vita di Bob Dylan “No direction home.
 Se parliamo degli Stones non possiamo non citare anche i Beatles che sono stati soggetto di 5 film tra il 1964 ed il 1970. Il primo è “Hard day’s night” un film in bianco e nero sulla Beatlesmania e sulla frenetica vita della band.  A seguire nel 1965 e nel 1967 “Help!” e “Magical Mistery Tour”, mentre è del 1968 “Yellow Submarine”,innovativo ed acclamato film d’animazione in puro stile beatlesiano . L’ultimo uscì nel 1970, poche settimane dopo lo scioglimento della band, “Let it be”, un film inizialmente osteggiato dai Beatles perché registrato nel periodo di maggior tensione della stessa band.
Altro storico gruppo inglese, altro docu-film. È del 2007 il documentario “Joe Strummer. Il futuro non è scritto” dove viene ricordata la vita del frontman e fondatore dei Clash. Il film, diretto da JulienTemple, noto regista di documentari e video musicali particolarmente vicino alla scena punk, fu presentato in anteprima al Sundance Film Festival e premiato lo stesso anno come miglior documentario al British Independent Film Awards.
 In conclusione però è bene sottolineare la differenza tra un semplice documentario che tratti di musica o dei retroscena di una vita da rockstar con l’esperienza di U2 3D. In questo film non c’è backstage, c’è il solo affiatamento, la passione per la musica, l’esaltazione del live sprigionata esclusivamente dal concerto che cerca di andare oltre l’evento  per esprimere un messaggio di solidarietà e rispetto per la vita, sensibilizzando il pubblico su tematiche che affliggono il mondo contemporaneo e che gli U2 cercano di promulgare con linguaggi e modalità espressive sempre diverse.  Inoltre grazie al 3D può aprirsi un nuovo mondo per la musica live che potrà ampliare i suoi spazi partendo da un palcoscenico per conquistare lo schermo di un cinema.  
Ilaria Cuzzilla