L’angolo di Michele Anselmi

Chi ama i film di guerra un po’ all’antica troverà pane per i propri denti con “12 Soldiers”, nelle sale da giovedì 11 luglio. In verità si chiama “12 Strong”, ma siccome è appena uscito “Stronger” a 01-Raicinema hanno preferito risuolare il titolo utilizzando, vai a sapere perché, un’altra parola in inglese. “Soldati” non andava bene? A quanto pare no.
Trattasi di storia vera, desunta dal libro “Horse Soldiers” di Doug Stanton, anche se i nomi sono stati cambiati e qualcosa è stato aggiunto per riscaldare lo spettacolo in una chiave vagamente alla “Lawrence d’Arabia”, almeno nelle intenzioni dell’esordiente regista danese Nicolai Fuglsig, benché all’interno di un contesto storicamente ravvicinato. Succede infatti che, all’indomani dell’11 Settembre, dodici soldati dell’unità speciale Alpha 595 vengano spediti in Afghanistan, sono i primi americani in assoluto, per dare una mano al generale Dostum, uno dei comandanti locali della litigiosa Alleanza del Nord, a cacciare i talebani dalla città cruciale di Mazar-i Sharif. Dovrebbe essere una cosa segretissima, invece Al Quaeda mette subito una taglia gigantesca sulle loro teste.
“Non ci sono scelte giuste sull’Afghanistan, il cimitero degli Imperi” teorizza il giovane capitano Mitch Nelson, chiamato a guidare la ben assortita e per nulla “sporca” dozzina, ben conoscendo i rischi della missione. Lui ha promesso di riportarli tutti a casa, nello scetticismo dei suoi capi e del Pentagono; il film, lungo 130 minuti, vi dirà se ci riesce o no.
Nelson è interpretato dall’australiano Chris Hemsworth, meglio noto come Thor, il supereroe col martellone schiacciatutto; ma in “12 Soldiers” le sue prodezze sono più contenute, diciamo realistiche, anche se ogni tanto un’atmosfera fracassona da “Rambo” (non il primo della serie, i seguiti più esplosivi) prende il sopravvento sul rigore della ricostruzione.
Il tutto girato in Nuovo Messico per risparmiare, tra montagne arse, grotte insidiose, panorami maestosi e città ricostruite con gli effetti speciali digitali. “Voi avete il cielo, ma le battaglie si vincono sulla polvere” ricorda il generale Dostum, disegnato un po’ sul modello del prode Awda Abu Tavi che fu incarnato da Anthony Quinn appunto in “Lawrence d’Arabia”; e nella polvere, cioè in groppa ai cavalli, senza armamento pesante e via via spogliandosi di una certa supponenza yankee, i dodici riusciranno a compiere il miracolo nel giro di soli 23 giorni, meno del mese previsto.
Il film è quello che è, tagliato con l’accetta, retorico quanto basta nell’evocare un possibile fronte comune contro i pregiudizi atavici, ma a tratti non scontato, specie nel ritratto del secondo in comando, il sottufficiale al quale il sempre bravo Michael Shannon regala note di umana fragilità fisica.

Michele Anselmi