L’angolo di Michele Anselmi
Carey Mulligan, britannica, classe 1985, è davvero un’attrice fantastica. L’avevamo lasciata su Netflix, dalle parti del Suffolk, nei panni della volitiva e malata vedova di “La nave sepolta”, ed eccola biondissima, esperta in travestimenti e con le unghie policrome, nel ruolo di una trentenne dell’Ohio decisa a regolare qualche conto personale con gli uomini dediti alle molestie sessuali (se non peggio). È lei a incarnare Cassandra, detta “Cassie”, e il nome non sembra scelto a caso, in “Una donna promettente”, il controverso film di Emerald Fennell vincitore di un Oscar per la miglior sceneggiatura. Film strano, depistante, pure spiazzante, a tratti banale, a tratti profondo, che oscilla tra commedia macabra e respiro tragico, in un crescendo destinato a culminare in un epilogo feroce, di sicuro sorprendente. Risultato? Esci dal cinema con qualche brutto presentimento.
La donna che si arma per raddrizzare un torto subito non è una novità, basterebbe pensare a titoli come “L’angelo della vendetta” di Abel Ferrara, “Oltre ogni limite” con Farrah Fawcett, “Il buio nell’anima” con Jodie Foster o “Coraggio… fatti ammazzare” di Clint Eastwood; ma direi che Fennel, anche attrice nella vita oltre che regista e sceneggiatrice, abbia scelto uno sguardo diverso sulla faccenda, senza troppo farsi condizionare dai dettami di #MeToo, inserendo la sua “eroina” in un contesto di ambiguo disagio, anche psichico, un po’ da famiglia disfunzionale.
Siccome nei 113 minuti accadono molti fatti e sarebbe criminale rivelarli, mi fermo a quanto mostrato dai trailer o giù di lì. Cassie si finge ubriaca fradicia nei locali frequentati da giovani uomini, si fa rimorchiare, osserva nell’intimità il comportamento del maschietto in questione e quando il clima si fa aggressivo recupera voce e lucidità per imporre una sonora umiliazione. Perché lo fa? Sente di avere una missione da compiere, e capiremo strada facendo quali tormenti e vicende personali abbiano portato Cassie, che lavora senza entusiasmo in una caffetteria dopo aver rinunciato a una promettente carriera da medico, a trasformarsi in una sorta di “giustiziera”.
“Non si sfugge dalle conseguenze, bisogna pagarle” ammette a un certo punto un avvocato pentito che fece assolvere uno stupratore della buona società, con conseguenze devastanti per la vittima (non è Cassie). Da lì il film prende un’altra piega, un po’ “dark” e inquietante, nonostante i segnali di normalità sentimentale che la regista dissemina attorno alla vita di Cassie, a prima vista tutta colori rosa e pastello.
Tra omaggi al cine-classico “La morte corre sul fiume” e canzoncine di Paris Hilton, “Una donne promettente” sembra giocare a nascondino con lo spettatore, pure sul piano ideologico, invitandolo a condividere, nel bene e nel male, l’inafferrabile stato d’animo della protagonista: Cassandra, appunto, non solo di nome. Qualcuno ricorderà che la Universal ha dovuto ritardare di un mese l’uscita del film a causa della voce incongrua, quella di Roberto Pedicini, in un primo momento attribuita all’attrice nera e transgender Laverne Cox (il ruolo è stato ridoppiato da una donna). Consiglierei comunque, se la trovate, la versione originale coi sottotitoli, anche ho la sensazione che, con l’eccezione di “Crudelia”, i cinema siano desolatamente vuoti. Io ho visto ieri il film al romano Adriano: eravamo in tre.
PS. Vedendo il film mi pare impossibile non pensare all’orribile vicenda che ha avuto per “protagonisti” Ciro Grillo e dei suoi due amici.
Michele Anselmi