“Uncharted” è l’ennesimo tentativo di trasporre una saga videoludica al cinema. Il film, uscito nelle sale il 17 febbraio, diretto da Ruben Fleisher ed interpretato dal celeberrimo Tom Holland, cerca di capitalizzare sulla popolarità della serie targata Playstation, inaugurando di fatto una sorta di universo narrativo espanso in cui i franchise più popolari della casa nipponica sono destinati ad approdare sul grande schermo. Lo scoglio più grande da superare nell’adattamento di un videogioco al cinema è la mancanza di interattività. Una strategia per non far provare troppo la nostalgia del controller può essere quella di dotare la pellicola di una solida sceneggiatura, capace di catturare sia gli appassionati che i fruitori casuali. Purtroppo “Uncharted” non ci è riuscito neppure lontanamente.
Il film cerca di raccontare la genesi del personaggio di Nathan Drake attraverso un mash-up delle ambientazioni più iconiche dei quattro videogiochi della saga dedicata all’amato esploratore. Purtroppo privare quelle scene della responsività tipica della console le rende la caricatura delle loro controparti digitali, svuotandole di ogni senso di vertigine e spettacolarità. Non aiuta neppure una sceneggiatura blanda, priva di ogni tipo di mordente e che scade nella mera citazione di alcuni passaggi del videogame. Per non parlare delle battute fastidiosamente sempre sopra le righe che finiscono solo per scimmiottare il materiale originale. Alla scrittura dei personaggi manca una reale profondità, che qui è solamente accennata, ed un qualsiasi tipo di sviluppo caratteriale. I vari antagonisti, tra cui si annovera anche uno stanco Banderas, appaiono piatti, stereotipati e senza alcuna reale ambiguità morale. Non convince neppure la performance attoriale di Tom Holland che, nonostante sia ottimo per attrarre al cinema orde di ragazzini sulla scia del successo dell’ultimo Spiderman, appare poco convincente nei panni di Drake, decisamente più maturo e scaltro nei videogame. La regia non eccelle e si limita al compitino, così come il comparto fotografico nella media. Peccato pure per il mancato utilizzo, se non in qualche breve citazione, delle colonne sonore orchestrali che hanno musicato la tetralogia dell’”Indiana Jones della Playstation”. Nonostante un primo atto vagamente interessante, il film si perde nella banalità assoluta una volta che gli avventurieri cominciano a dare la caccia ad un tesoro perduto. Un cliché visto e rivisto che appiattisce la narrazione. Per non parlare dell’assurda porzione finale del lungometraggio in cui lo spettatore assiste ad irrealistici combattimenti su delle navi corsare trasportate da degli elicotteri. Sequenze degne del peggiore “Fast and Furious” in cui la sospensione dell’incredulità viene messa a dura prova. Non mancano neppure le ormai scontate scene dopo i titoli di coda che sembrano annunciare un ipotetico sequel nel caso in cui la pellicola riscuota un discreto successo.
Nonostante gli oltre dieci anni di gestazione che hanno accompagnato l’adattamento al cinema di una delle serie più popolari di Sony, il film non convince realmente su nessun fronte, complice soprattutto una trama banale non realmente in grado di sorreggere l’architettura della pellicola. Peccato, perché l’immaginario posseduto da Playstation è ricchissimo e sicuramente adattabile in maniere migliori sul grande schermo. Il primo tentativo di sbarcare su un altro media è, in sostanza, un fallimento, anche se probabilmente il film sarà un successo di incassi, grazie anche all’intensiva campagna di marketing. Il prossimo banco di prova è l’adattamento seriale di “The Last of Us”, altra saga di successo sempre ideata dagli sviluppatori di “Naughty Dog”. In conclusione, la parte più interessante di “Uncharted” sono proprio i suoi titoli di testa, in cui i Sony Playstation Studios lasciano intendere chiaramente i propri piani per il futuro. Colonizzare anche le sale cinematografiche.
Gioele Barsotti