Su Netflix arriva “Vatican Girl – La scomparsa di Emanuela Orlandi”. La docu-serie scritta e diretta da Marke Lewis e prodotta da RAW si divide in quattro episodi e cerca di fare luce su uno dei casi più drammatici della cronaca italiana.
È il 2 giugno del 1983, a Roma, il caldo africano è insopportabile e alla radio si annuncia una temperatura di 37 gradi. Una mamma prepara la pizza per cena e tutto sembra normale, ma proprio quel giorno, in quel caldo torrido Emanuela Orlandi, figlia di un dipendente del Vaticano, sparisce nel nulla dopo essere uscita per recarsi alla scuola di musica.
Attraverso una serie di testimonianze inedite, filmati originali dell’epoca e piste diverse, “Vatican Girl” ricostruisce minuziosamente i retroscena più inquietanti della scomparsa della quindicenne Emanuela Orlandi, dando voce alla famiglia, ai testimoni e a chi – negli anni – ha seguito da vicino uno dei casi di cronaca nera più noti d’Italia.
Il KGB, la mafia italiana, i terroristi turchi e la Banca Vaticana, sono queste alcune delle tracce che infittiscono il mistero che attraversa quattro decenni di storia tra intrighi internazionali, Chiesa e mafia. Sono tante le ipotesi che la docu-serie introduce, eviscerando minuto dopo minuto uno dei casi più tristi di questi anni: una ragazzina sparita, indagini svolte superficialmente, una società che nasconde la polvere sotto il tappeto, mitomani che complicano le indagini e Papi che nel corso del tempo cercano di dare piccoli indizi.
“Vatican Girl – La scomparsa di Emanuela Orlandi” ricostruisce, legge le carte, intervista e racconta ogni cosa ripercorrendo le strade oscure di una Roma tanto bella quanto spaventosa con la consapevolezza di una terribile verità nascosta tra le mura del luogo simbolo della spiritualità cristiana: il Vaticano. Ad accompagnare lo spettatore in questo turbolento viaggio fatto di sotterfugi, dialoghi, prove mai prese in considerazione e misteri papali c’è Andrea Purgatori – giornalista che all’epoca scriveva per il Corriere della Sera – che tira le fila dei rapporti, molto ambigui, tra Santa Sede, terrorismo internazionale e la Banda della Magliana.
La docu-serie creata da Lewis per Netflix e disponibile in tutto il mondo è un esperimento perfetto di documentario seriale. Episodio dopo episodio, infatti, il racconto prende forma entrando nel vivo delle piste, mostrando una verità dura, cruda: Emanuela Orlandi è sparita e tutti tacciono, perdono tempo, aspettano, il primo enorme errore di valutazione è infatti stato commesso poche ore dopo la sparizione quando i Carabinieri rimandano a casa la famiglia Orlandi rassicurando che la ragazza sarebbe tornata da sola.
I quattro episodi, infatti, sono un intreccio di indizi, ipotesi e rumorosi silenzi che danno vita ad un racconto sconcertante che travolge lo spettatore e lo costringe ad interrogarsi, ad arrabbiarsi, a riflettere, ma soprattutto a pensare ad una giovane donna che, a causa di qualcosa di molto più grande di lei, è sparita nel nulla in quell’afoso pomeriggio del giugno dell’83. Nella docu-serie ci sono tutti: c’è Raffaella Notariale di “Chi l’ha Visto?”, Ferruccio Pinotti, Fabrizio Peronaci del Corriere della Sera, Emiliano Fittipaldi di “L’Espresso”, Larry Gurwin e Richard Both della CSB e tutti raccontano la pista che – più o meno recentemente – hanno seguito, senza portare grandi risultati.
“Vatican Girl – La Scomparsa di Emanuela Orlandi” è una docu-serie ben strutturata che utilizza una fotografia pulita, lineare che non stanca lo spettatore, ma anzi lo invoglia ad andare avanti. Se c’è una cosa che – tra tutte – resta dentro a chi guarda sono le parole, sempre composte ed educate, di una famiglia che da ben 37 anni cerca in ogni modo giustizia per Emanuela, sebbene ad oggi – come dice il fratello Pietro – c’è una sola certezza: “L’unica cosa che so per certo è che il Vaticano conosce la verità”.

Flavia Arcangeli