L’angolo di Michele Anselmi | Pubblicato su Il Secolo XIX
La “spending review”, più estetica che economica, elaborata per la 69ª Mostra di Venezia dal neodirettore Alberto Barbera prevede per ora solo 2 film italiani in concorso, su un totale di 18 titoli. “È stato il figlio” di Daniele Ciprì e “Bella addormentata” di Marco Bellocchio. Insomma, dopo le abbuffate tricolori by Marco Müller, si torna a una più decisa e snella sobrietà, in linea col carattere del biellese 62enne Barbera. Sempre che i selezionatori veneziani non decidano in queste ore, dopo averlo bloccato per i fuori concorso, di promuovere in competizione anche “Un giorno speciale” di Francesca Comencini, sorella di Cristina, girato a tempo record e con piccolo budget. Alla base c’è un romanzo di Claudio Bigagli, “Il cielo con un dito”. Trattasi di commedia tra amore e lavoro, costruita sulla giornata di due giovani che si incontrano un po’ per caso: lei, Giulia Valentini, deve vedere un politico importante che l’aiuterà forse ad entrare nel mondo dello spettacolo, lui, Filippo Scicchitano, è stato appena assunto come autista e il suo primo incarico consiste proprio nell’andare a prendere la ragazza e accompagnarla all’incontro.
In ogni caso, alla vigilia della conferenza stampa di giovedì, tutto sembra confermare che la kermesse al Lido, 29 agosto-8 settembre, sarà all’insegna di un elastico rigore, senza spiritosaggini goliardiche tipo la pre-apertura riservata nel 2011 a Ezio Greggio, ma anche senza torsioni quaresimali. Del resto, Barbera è stato chiaro in un’intervista al “Corriere”: «L’anno scorso gli italiani erano una trentina, ma solo di 7 o 8 s’è parlato. Di tutti gli altri non s’è accorto nessuno. Inutile ammucchiare nomi per far contenti tutti. Per ridar prestigio al nostro cinema serve una selezione severa. Fuori dalle solite logiche di spartizione tra Raicinema e Mediaset». Insomma, niente più “abbuffate” tricolori degli ultimi anni, quando Marco Müller riusciva a piazzare anche quattro film nazionali in gara, più tutti gli altri disseminati nelle varie sezioni, incluso Controcampo, ora trasportato con nome diverso al Festival di Roma.
Selezione severa significa che molti sono rimasti fuori: da “Tutti i santi giorni” di Paolo Virzì a “Venuto al mondo” di Sergio Castellitto; da “Un giorno devi andare” di Giorgio Diritti, in viaggio verso Torino, a “Il comandante e la cicogna” di Silvio Soldini; da “Il volto di un’altra” di Pappi Corsicato, pressoché sicuro al Festival di Roma, ad “Acciaio” di Stefano Mordini, dal fortunato romanzo di Silvia Avallone, che proprio stamattina sarà annunciato alle Giornate degli autori. Non tutti l’hanno presa bene, chi con saggia rassegnazione, chi con ulcerato fastidio, ma del resto Venezia è un terno a lotto per gli italiani. Basta poco, in quel contesto fibrillante, perché scatti la ridarella, il fischio, il buu di scherno: l’anno scorso accadde con “Quando la notte” di Cristina Comencini e ne venne fuori un putiferio in prima pagina. Ricordate?
Sostiene Barbera, secondo il quale per fare bene quel mestiere bisogna essere un buon critico, un ottimo organizzatore e un gran diplomatico: «Le risposte definitive al cartellone. Alcuni nomi attesi non ci saranno perché i loro film non mi hanno convinto. Ma le belle sorprese non mancheranno. Il prestigio di Venezia è intatto nel mondo, tutti vorrebbero venire qui». In buona misura è vero, sicché non sarà facile per Marco Müller, fino al 2011 indiscusso Doge della Mostra e adesso Gran Timoniere del Festival romano, dimostrare che il suo primo anno all’Auditorium non verrà costruito con quelli da lui definiti un giorno «gli scarti veneziani». Intanto pare allontanarsi l’anteprima mondiale di “Django Unchained” di Quentin Tarantino, per il resto si vedrà.
Probabile a questo punto che “Venuto al mondo” di Castellitto, dal romanzo di Margaret Mazzantini, con Penélope Cruz, trovi proprio a Roma la sede più consona per la prima sortita. Quanto a Bellocchio e Ciprì (senza Maresco), i rispettivi film “Bella addormentata” ed “È stato il figlio” sulla carta farebbero gola a qualsiasi direttore di festival. Il primo prende spunto dagli ultimi giorni della vita di Eluana Englaro, visti da lontano, per parlare non solo di testamento biologico attraverso le storie di alcuni personaggi-simbolo raccontati con stile veemente, quasi rabbioso. Nel cast Isabelle Huppert, Alba Rohrwacher, Maya Sansa, soprattutto Toni Servillo. Protagonista anche del secondo, torva vicenda familiare, tra usura e ammazzamenti, presa dal romanzo omonimo di Roberto Alajmo. Non si riderà nemmeno con “L’intervallo” di Leonardo Di Costanzo, teatrale corpo a corpo sui tema della camorra preso per Orizzonti, mentre sfodera un allegro “italian flavour” il documentario sul sassofonista partenopeo Enzo Avitabile che Jonathan Demme, quello del “Silenzio degli innocenti” e del bel ritratto “The Agronomist”, ha girato a Napoli. Sarà fuori concorso. In partecipazione speciale, naturalmente, anche il sindaco “arancione” Luigi De Magistris.
Michele Anselmi